LUCKY RED, GOON FILMS e RAI CINEMA
presentano

IL PIÙ BEL SECOLO DELLA MIA VITA, un film diretto da Alessandro Bardani

Con Sergio Castellitto, Valerio Lundini,
Carla Signoris
, Antonio Zavatteri, Elena Lander, Marzio El Moety
con Betti Pedrazzi nel ruolo di Suor Grazia
e con l’amichevole partecipazione di Sandra Milo

DAL 7 SETTEMBRE 2023 AL CINEMA

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Il più bel secolo della mia vita, di Alessandro Bardani
Il poster del film

Il più bel secolo della mia vita è tratto dall’omonima pièce teatrale di Alessandro Bardani e Luigi Di Capua, anche autori della sceneggiatura insieme con Leonardo Fasoli e Maddalena Ravagli.

SINOSSI

Un’assurda legge ancora in vigore in Italia impedisce a Giovanni, figlio non riconosciuto alla nascita, di sapere l’identità dei suoi genitori biologici prima del compimento del suo centesimo anno di età. Per riuscire ad attirare l’opinione pubblica, la sua unica speranza è ottenere la complicità di Gustavo, unico centenario non riconosciuto alla nascita in vita. Il solo che avrebbe il diritto di avvalersi di questa normativa ma che sembra non aver alcun interesse a farlo.

Il più bel secolo della mia vita racconta l’incontro tra un centenario proiettato nel futuro e un giovane ancorato al passato e del loro viaggio alla riscoperta delle proprie origini.

Nel film è presente il brano inedito “La vita com’è” di Brunori SAS

Il film è stato presentato in anteprima assoluta al 53 Giffoni Film Festival nella sezione Generator +18 il 23 luglio 2023, vincendo nella sezione Generator +18.

DAL 7 SETTEMBRE 2023 AL CINEMA

Una produzione Goon Films, Lucky Red con RAI Cinema
In collaborazione con Prime Video

distribuzione Lucky Red

CAST ARTISTICO

Sergio Castellitto

Gustavo

Valerio Lundini

Giovanni

Carla Signoris

Gianna

Antonio Zavatteri

Presidente FAeGN

Elena Lander

Alina

Marzio El Moety

Gustavo bambino

Betti Pedrazzi

Suor Grazia

Sandra Milo

Signora J.O.

La canzone originale “La vita com’è” è composta e interpretata da BRUNORI SAS

CAST TECNICO

Regia di

Alessandro Bardani

Soggetto di

Alessandro Bardani
Luigi Di Capua

Tratto dall’omonima pièce teatrale di

Alessandro Bardani
Luigi Di Capua

Sceneggiatura di

Alessandro Bardani

Luigi Di Capua

Leonardo Fasoli

Maddalena Ravagli

Una produzione

Goon Films, Lucky Red con Rai Cinema

In collaborazione con

Prime Video

Produttore artistico

Gabriele Mainetti

Montaggio

Claudio Di Mauro (AMC)

Fotografia

Timoty Aliprandi

Musiche

Francesco Cerasi

Scenografia

Marta Marrone

Costumi

Eva Coen (ASC)

Casting

Eleonora Barbiero

Suono di presa diretta

Daniele Maraniello (A.I.T.S.)

Aiuto Regia

Germano Boldorini

Trucco ed effetti di trucco speciale

Andrea Leanza – Creatures FX – ALCFX

Acconciature

Giulio Zecchini

Produttore Artistico

Gabriele Mainetti

Produttore Delegato per Lucky Red

Serena Sostegni

Produttore Esecutivo per Lucky Red

Tommaso Arrighi

Produttori Esecutivi

Federico e Jacopo Saraceni

Prodotto da

Gabriele Mainetti per Goon Films

Andrea Occhipinti per Lucky Red

Mattia Guerra per Lucky Red

Durata: 83’ | Italia | Formato: 2,39:1 | Anno: 2023

NOTE DI REGIA

Chi è mia madre?

In Italia se lo chiedono 400.000 persone che non possono avere risposta. Sono i figli non riconosciuti, chiamati anche in gergo “N.N.” (dal latino nescio nomen, letteralmente: “non conosco il nome”).

A stroncare ogni speranza non c’è solo la dolorosa scelta dei genitori di abbandonare il figlio/a ma una normativa che nega loro qualsiasi tentativo di ricerca. Esiste in Italia una legge che non permette a un figlio/a non riconosciuto di conoscere le proprie origini.

Norma entrata in vigore il 4 maggio del 1983. Per tutti coloro che ne subiscono le conseguenze, è stata da sempre considerata come una vera e propria presa in giro. Difatti la normativa precedentemente in vigore non prevedeva in nessun caso la possibilità di accedere alle informazioni riguardanti la propria storia personale. Ora sì, ma come?

D.L. n.196 (…) Nel caso di figlio non riconosciuto alla nascita, chiamato anche N.N., le informazioni concernenti l’identità dei genitori biologici possono essere fornite all’esercente soltanto dopo il compimento del centesimo anno di età (…).

Avete capito bene! Questa legge (unica in Europa) vieta a più di 400.000 persone di sapere la loro storia se non al compimento dei cento anni. Ovvero: MAI.

La cosiddetta “Legge dei 100 anni” oltre a privare un essere umano della propria storia personale rende impossibile conoscere l’esistenza di eventuali patologie ereditarie e familiari, con gravi ripercussioni sul diritto alla salute, condannando il figlio non riconosciuto ad un ergastolo invisibile. Nel 2012 La Corte Europea invita il nostro governo a modificare questa legge allineandosi con tutti gli altri Paesi della Comunità (dove in molti casi al raggiungimento della maggiore età un figlio/a non riconosciuto/a può accedere a tutte le informazioni riguardanti la propria storia personale).

La Corte dichiara: “…Il desiderio di sapere quali sono le proprie radici non si estingue nel corso degli anni. Anzi, è possibile che questa esigenza cresca e che, se disattesa, procuri sofferenze fisiche e psicologiche anche se non provate scientificamente.” Così si arriva al 2013 con la Sentenza della Corte Costituzionale che impone all’Italia la modifica di questa legge in direzione del bilanciamento tra il diritto della donna di mantenere l’anonimato e il diritto del figlio/a di conoscere le proprie origini biologiche. Inizia un vero e proprio dibattito in Parlamento. Grazie alle tante battaglie si arriva alla prima approvazione alla Camera di un testo del 18 giugno 2015 che garantisce il diritto alla conoscenza tramite la modalità dell’interpello (come succede in Francia, raggiunta la maggiore età un figlio/a non riconosciuto/a tramite il tribunale può interpellare la madre naturale e chiederle se è disposta a rinunciare all’anonimato).

Questa norma a detta di molti è la misura più idonea per bilanciare i due diritti fondamentali: quello all’anonimato e quello alla conoscenza. Dal 2015 tutti coloro che si battono per modificare questa normativa sono ancora in attesa che il testo venga discusso in Senato, ad oggi molte sono state le proposte vagliate dalla Commissione Giustizia ma nessuna è stata ancora discussa. Alla fine dei conti non si ha ancora una nuova legge in merito.

In questo caos legislativo nasce nel 2015 “Il Più bel Secolo della Mia Vita”. In primis come pièce teatrale che senza lasciare spazio a nessun buonismo e retorica immerge personaggi tipici della Commedia all’italiana in atmosfere che si ispirano attraverso dialoghi serrati e puramente spietati a film d’oltreoceano come “Clerks” di Kevin Smith. Lo spettacolo riscuote un fortissimo successo di pubblico divenendo il maggior incasso al Teatro Eliseo dal 1997 e il secondo incasso della storia del “Teatro della Cometa”. Dopo tre stagioni consecutive e altrettante tournée nazionali la pièce registra un sold-out praticamente in tutta la penisola.

Questo successo mi ha spinto ad andare ancora più a fondo nell’affrontare una storia come questa attraverso il mezzo cinematografico che permette una assai maggiore libertà e un abbattimento dei naturali limiti scenici e narrativi che impone il teatro. Allargando la lente d’ingrandimento abbiamo messo a fuoco ancora molte più sfaccettature essenziali per sviscerare questa narrazione.

Due punti di vista che generano un conflitto sono alla base di ogni buona sceneggiatura e qui i nostri due protagonisti, Giovanni (25) e Gustavo (100) sono gli opposti. Un vecchio che ha sempre guardato in avanti senza mai prendere fiato e un giovane ancorato e ossessionato dal passato. I due sono accomunati soltanto da un unico destino: quello di essere stati abbandonati; reagendo in modo totalmente diverso ma ugualmente estremo. Una “reazione” all’essere stati lasciati che diventa nel tempo un vero e proprio modo di intendere la vita; un tentativo naturale e istintivo di curare la stessa ferita.

Nella traslazione cinematografica è stata mantenuta la forte comicità della rappresentazione teatrale miscelata a momenti drammatici che rispecchiano man mano nel corso della storia il crescere dell’amicizia tra i due protagonisti. Usando, come nella vita, l’umorismo come difesa rispetto a un dolore e il dolore stesso come confessione autentica di quello che si è vissuto e provato finora; arrivando a far coincidere quello che si dice con quello che si pensa, senza alcun filtro.

Il seme drammaturgico sviluppato a teatro esplode nella rappresentazione cinematografica sottolineandone ancora di più tratti e caratteristiche con l’obbiettivo di contraddistinguere la mia personale poetica e il mio modo di intendere il cinema andando anche al di là di questa storia.

Punto fondamentale di crescita rispetto al teatro è stata la decisione di diversificare ancora di più i due personaggi e il loro vissuto. Mentre nella pièce Giovanni e Gustavo sono entrambi figli non riconosciuti cresciuti in istituto, nel film Giovanni è adottato a pochi mesi. Questo ci permette di sviscerare un tema importantissimo come quello dell’adozione, attraverso il personaggio di Gianna (madre adottiva di Giovanni). Protagonista femminile della nostra storia e volàno per raccontare il difficile e intenso percorso che un genitore adottivo deve compiere accanto al figlio/a. Sopportando e supportando la sua voglia di conoscere la verità, facendo i conti con una ferita primaria che va oltre il loro rapporto.

Per quanto riguarda la direzione attoriale, punto registicamente fondamentale per il film, ho deciso di partire da questa domanda: “Che differenza c’è tra commedia e tragedia?”. Abbandonando i soliti cliché che ghettizzano un film in delle “pretese e aspettative” drammaturgiche e performative che inevitabilmente appiattiscono e spersonalizzano ogni originalità stilistica di un regista, standardizzando storie e personaggi, ho trovato la (mia) risposta: “nessuna!”.

Nella vita reale si piange, si ride, ci innamoriamo, ci arrabbiamo e quale di questi sentimenti ha più dignità? Tutti hanno la stessa identica importanza. Quindi l’approccio alla direzione attoriale non sarà proteso o condizionato nel raccontare una commedia (riducendo spesso il tutto al -fa ridere o non fa ridere-) o una tragedia (fa piangere o non fa piangere) ma ha l’obiettivo di ritrarre la realtà di ogni singolo momento. Una realtà anche contraddittoria, dove sacro e profano si mischiano. Dove una risata è un preludio a una lacrima e viceversa.

Allargando il tutto non solo alla recitazione, il mio intento è abbattere qualsiasi pregiudizio che collochi una storia “seria” più in “alto” di una storia “leggera”. Sono estremamente convinto che non è il tema trattato che segna lo spessore o lo stile di un film ma come si tratta quel tema, cercando di raccontare probabilmente qualcosa di già apparentemente narrato ma da un nuovo punto di vista.

Le reference, che poi coincidono con il mio background cinematografico, a cui mi sono ispirato per la scrittura e a cui vorrò attingere per la realizzazione del film, sono: Nebraska diretto da Alexander Payne e Little Miss Sunshine d Jonathan Dayton e Valerie Faris. Il primo per l’intimità drammaturgica e il secondo per la vivacità visiva. Entrambe le opere sono caratterizzate da una forte e serrata narrazione, un timbro estetico ben delineato; raccontano un microcosmo ricco di sentimenti universali senza alcuna retorica o buonismo ma pregne di una sana e intensa leggerezza capace di andare a fondo, radiografando personaggi e luoghi in modo del tutto personale ed emozionante.

Concludendo e tornando al mio film, posso dire che siamo di fronte ad un vero e proprio limbo esistenziale che inevitabilmente porta a delle conseguenze. Conseguenze che, nella maggior parte dei casi di chi le subisce, generano profonde ferite che nel tempo si trasformano in indelebili cicatrici.

Giovanni e Gustavo, come detto, sono i poli opposti ma di una stessa medaglia: il primo rappresenta una ferita aperta, ancora sanguinante, il secondo invece una cicatrice vecchia, ormai dimenticata.

Sono personaggi giunti in momenti chiave della loro esistenza: per Giovanni scoprire le sue origini è diventata un’ossessione che lo ha spinto a chiudersi a riccio nei confronti del mondo, mentre per Gustavo, giunto ormai all’epilogo della sua esistenza, è solamente una scusa che gli permetterà di togliersi un ultimo “sfizio” altrimenti irraggiungibile. Messi l’uno di fronte all’altro, questi due modi di interpretare questa condizione esistenziale finiranno inevitabilmente per scontrarsi e confliggere sull’argomento. Giovanni e Gustavo, però, sono solamente vittime, perché quella ferita che portano addosso avrebbe potuto non esistere se ci fosse stata una legge che gli avesse garantito quel sacrosanto diritto. Forse sarebbero state persone diverse. Un film come questo, oggi, è estremamente necessario per contribuire a metter fine a questo limbo legislativo e progredire come società civile ma anche come esseri umani.

Difatti tra il neonato e la madre biologica esiste un profondo legame che ha origine nel periodo prenatale. La separazione prematura causa un trauma, la cosiddetta “ferita primaria”, che influirà sul comportamento e i sentimenti del bambino/a per tutta la vita.

Nulla di strano, dunque, se un’alta percentuale di figli non riconosciuti manifesta aggressività verso i genitori adottivi, difficoltà a scuola e comportamenti distruttivi e antisociali.

Prima o dopo, la vita li mette di fronte alla fatidica domanda: “chi è mia mamma?”. C’è infatti un vincolo innato che porta i figli alla ricerca dei propri genitori. A prescindere dal perché li abbiano abbandonati, dalle ragioni che possono spiegare il destino delle loro vite, anche se sono spesso molto arrabbiati, i figli perdonano. E fanno di tutto pur di arrivare a conoscerli. Al figlio che è stato abbandonato non importa assolutamente “chi” sia sua madre e cosa abbia fatto, anche nei suoi confronti; è un legame del tutto spontaneo, capace di andare al di là di ogni altra considerazione, un bisogno istintivo e viscerale più forte di tutto il resto.

Parlando con molti figli non riconosciuti tutti arrivano a questa considerazione: “Meglio una triste e spietata verità che il buio.” E la domanda di rito, che in genere arriva durante l’adolescenza, rappresenta un diritto che ognuno di noi ha: conoscere le proprie radici.

Alessandro Bardani

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“IL PIÙ BEL SECOLO DELLA MIA VITA” IL FILM DI ALESSANDRO BARDANI CON SERGIO CASTELLITTO E VALERIO LUNDINI VINCE AL 53. GIFFONI FILM FESTIVAL NELLA SEZIONE +18

Il più bel secolo della mia vita opera prima di Alessandro Bardani con Sergio Castellitto, Valerio Lundini, Carla Signoris, Antonio Zavatteri, Elena Lander, Marzio El Moety, con Betti Pedrazzi, con l’amichevole partecipazione di Sandra Milovince al 53. Giffoni Film Festival nella sezione Generator +18.

“Sono felicissimo di aver vinto al Giffoni – commenta così il premio Alessandro Bardani, regista del film – un festival unico al mondo che esplode di ragazzi ed energia, con un film che ha come protagonista un centenario. È la dimostrazione che se una storia riesce ad emozionare diventa a suo modo universale. Spero vivamente che Il più bel secolo della mia vita possa contribuire a cambiare la cosiddetta ‘legge dei cent’anni’. Dedico questo premio ai miei genitori e anche, visto che la parola chiave di questa edizione del Festival di Giffoni è ‘Indispensabile’, ai registi cha stanno cercando di realizzare la loro opera prima, perché sono indispensabili per il cinema: non mollate!”.

LA LEGGE DEL SECOLO E IL DIRITTO AL RICONOSCIMENTO DELLE ORIGINI IN SENATO CON I PROTAGONISTI DEL FILM IL PIÙ BEL SECOLO DELLA MIA VITA

La legge del secoloSi è svolta Mercoledì 13 marzo nella Sala dei Caduti di Nassiriya presso il Senato della Repubblica, su iniziativa della senatrice M5S Elisa Pirro, la conferenza “La legge del secolo e il diritto al riconoscimento delle origini”, nel corso della quale è stata presentata una mozione sul tema a prima firma della stessa senatrice Pirro.

“La ricerca delle proprie origini – ha affermato la senatrice Pirro – è un passaggio chiave nel processo di definizione della propria identità, per queste ragioni ho presentato una mozione volta a bilanciare i diritti dei figli di conoscerle con quelli delle madri che partoriscono in anonimato”.

Insieme alla senatrice M5S Elisa Pirro, sono intervenuti la presidente Associazione Figli Adottivi e Genitori Naturali Luisa Di Fiore, il magistrato Alfonso SabellaAlessandro Bardani, regista del film Il più bel secolo della mia vita con i protagonisti Sergio Castellitto e Valerio Lundini e il cantautore Brunori Sas.

Il più bel secolo della mia vita, infatti, di cui sono stati proiettati alcuni estratti, è la prima opera cinematografica a occuparsi della cosiddetta: “Legge dei 100 anni”. Normativa n.184 – 4 Maggio 1983 che all’art.28 recita: “… Nel caso di figlio non riconosciuto alla nascita, chiamato anche N.N., le informazioni concernenti l’identità dei genitori biologici possono essere fornite all’esercente soltanto dopo il compimento del centesimo anno di età…”.

Questa legge (unica in Europa e condannata sia dalla Corte di Strasburgo, sia dalla Corte Costituzionale) vieta a un figlio non riconosciuto, nato nel nostro Paese, di conoscere la sua storia familiare fino al compimento del centesimo anno di età.

“Sono felicissimo che il film abbia messo a conoscenza tantissime persone dell’esistenza di questa assurda legge e abbia risvegliato una coscienza civile nelle istituzioni; donando nuova linfa ad una battaglia che si occupa di figli non riconosciuti, diventando il manifesto di questa lotta finora non riconosciuta dal mondo politico”, ha detto il regista Alessandro Bardani.
“Essere oggi in Senato mi riempie di gioia. La nostra presenza qui è la testimonianza che c’è finalmente un’attenzione nei confronti di una battaglia importante. Mi è capitato di parlare con persone che inizialmente pensavano che questa legge fosse frutto dell’invenzione di uno sceneggiatore mentre in realtà, grazie anche a Luisa Di Fiore che ha condiviso con noi l’esperienza di questo film e che è stata una guida importante, soprattutto a livello umano con la sua grande esperienza, ho capito che questa ferita è un diritto che manca, una ferita che negli anni lacera dentro e proprio come dice la Corte Europea, non certo io, può creare danni fisici e psicologici anche se non dimostrati scientificamente. La cosa che mi stupisce è che non coinvolge solo la volontà di un figlio o di una figlia di raccontare le proprie origini e spero veramente che la legge finalmente si allinei con tutti gli altri paesi europei. Faccio una piccola parentesi: il film è stato in Belgio, addirittura a Teheran, e tutti ne erano sconvolti, non credevano dell’esistenza di una legge così atroce, perché la Corte Europea è molto semplice, richiede infatti il bilanciamento tra i due diritti, ossia il diritto dell’anonimato e il diritto della conoscenza. Questa battaglia non riguarda solo i figli ma tante donne. Ne ho conosciute tantissime e molte di loro con cui ho parlato mi hanno raccontato di essere state “costrette” ad abbandonare il proprio figlio o la propria figlia, perché concepiti fuori da un matrimonio, perché frutto di una relazione clandestina o di un rapporto occasionale e come tale macchiava la sua reputazione. Credo che ciò sia veramente un qualcosa di intollerabile e che dare la possibilità a una donna, interpellata dal Tribunale, di sapere che un figlio la sta cercando, sia un diritto e un’opportunità per la donna di rimanere anonima o, al contrario, di aprire quella porta che molte volte è una ferita che porta dentro, dovuta magari a un contesto sociale totalmente diverso, ormai passato e superato e a delle scelte che in giovane età forse non sono neanche dipese da lei.
Io spero vivamente che il cinema, e questo mio film per quello che ha potuto e potrà fare, porti avanti questa mozione. Mi rende veramente orgoglioso pensare che un’opera artistica possa riuscire ad impattare la vita di migliaia di persone., mi riempie di gioia il cuore e mi commuove.
E non posso non ringraziare la senatrice Pirro, Luisa Di Fiore e il magistrato Alfonso Sabella, che hanno scritto il nuovo disegno di legge chiamato “La Legge del Secolo”, nome dedicato al film, chi ha scritto il film con me, gli sceneggiatori Maddalena Ravaglia, Leonardo Fasoli e Luigi Di Capua, e tutte le persone che hanno lavorato al film e per il film. Questa è una battaglia che va oltre il cinema. Questa è una legge che taglia anche il diritto alla salute, perché quando un medico chiede a una persona: “Ci sono casi in famiglia di…?” e questa risponde: “Non lo so”, è una cosa atroce e agghiacciante, quindi credo che un’opera artistica, a braccetto con una visione politica, come finora ha dimostrato la Senatrice Elisa Pirro, piena di competenze ma anche di sensibilità e umanità, possano essere un connubio perfetto per far sì che le cose finalmente in Italia cambino.”

“Il diritto umano alla propria identità e alla conseguente salute psicofisica è minato dal buio sulla propria storia biologica – ha commentato Luisa Di Fiore – Mi batto da venti anni per vedere riconosciuto questo diritto e per portare il pensiero comune a fianco di chi questo diritto non ce l’ha. Come dice Valerio Lundini in un passaggio del film: “Non sappiamo chi siamo se non conosciamo da dove veniamo”. L’Associazione che rappresento è portavoce di migliaia di figli adottivi che vogliono vedersi riconosciuto questo diritto e siamo stati onorati di aver contribuito alla realizzazione di questo gioiellino cinematografico che ci ha visto al centro della scena a cui non siamo abituati”.

“Vengo da una famiglia che non mi ha ancora abbandonato – ha esordito scherzando Valerio Lundini – e sicuramente avevo bisogno di empatizzare con il mio personaggio e capire cosa lo smuovesse ad essere così arrabbiato con la famiglia adottiva e quella che lo aveva abbandonato e quindi mi sono rivolto a Luisa che mi ha esposto la sua istanza e quello che lei e gli altri membri dell’associazione, provano. E questo sicuramente è stato molto utile. Nel film c’è una scena in cui Gustavo, interpretato da Castellitto, viene portato difronte a un Ministro affinché la sua stessa persona e la sua storia da centenario che non ha mai conosciuto i suoi genitori, potesse servire a smuovere qualcosa. Oggi sembra una situazione molto analoga a quella del film ed è un bel merito del film che questo oggi si stia realizzando nella realtà e che siamo qui a parlarne”.

“Per un attore, un artista in genere, partecipare a un progetto che in qualche modo può produrre un cambiamento così significativo come quello di una legge è già di per sé una grande soddisfazione. – ha detto Sergio Castellitto – Non tutti i desideri sono un diritto, però la cosa interessante è che, in questo caso, a mio avviso, è proprio il desiderio che stabilisce il diritto. In conseguenza al trauma dell’abbandono, io ho il diritto di sapere da dove provengo. Il mio personaggio, Gustavo, non vuole esercitare il suo diritto, Gustavo per due terzi del film non ha nessuna intenzione di conoscere la sua origine e questo è molto interessante, è un altro dei lati del prisma della libertà. Forse non intende conoscere la propria origine perché non intende riaprire quel trauma. Gustavo dice anche un’altra cosa interessante: i figli non sono di chi li fa ma di chi li ama, di chi li protegge, di chi li porta avanti nella vita, quindi, affianco al dolore delle donne terribilmente e tragicamente vittime di un sopruso di questo tipo ci saranno anche tante situazioni in cui le donne hanno scelto di andare via e di lasciare…”

“Ho scritto questo brano partendo dalla suggestione della sceneggiatura, che già mi aveva convinto perché i dialoghi mi sembrava già di vederli e avevo la percezione e la sensazione che il film fosse un film autentico. – ha detto Brunori – Lo dico perché penso che poi quello che succede in un film, e questo è un caso veramente speciale, quando il film risulta autentico chiaramente entra più in profondità nella sensibilità e nel cuore delle persone, quindi poi possono accadere cose del genere. Tra l’altro io da cantautore, amante di un cantautorato degli anni ’70 che sicuramente aveva una valenza politica e sociale, aveva anche un suo peso, che oggi ha molto di meno, sono molto contento di questa giornata. Quando Alessandro Bardani me lo ha detto, m’ha reso felice. In un periodo di grande disincanto, di disillusione sul fatto che l’arte possa avere un impatto sulla realtà, sapere che in qualche modo un film possa stimolare il cambiamento di una legge, è una cosa molto bella, sia per la cosa in sé sia perché in generale ci fa pensare e forse sognare ancora di avere un peso nella società o comunque di poter avere uno slancio idealistico quando componiamo, quando pensiamo alle nostre opere”.

“Il vuoto normativo determinato dalla sentenza della Consulta – ha spiegato Alfonso Sabella – deve essere colmato al più presto per assicurare, almeno, l’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge che attualmente è vanificata dalle differenti prassi e dai diversi criteri interpretativi adottati dai singoli Tribunali per i minorenni in assenza di una regolamentazione avente forza di legge”.

 

Testi, video e immagini dagli Uffici Stampa Lucky Red e Boom PR. Aggiornato il 18, il 23, il 30 Luglio, il 6 Settembre 2023 e il 18 marzo 2024.

Dove i classici si incontrano. ClassiCult è una Testata Giornalistica registrata presso il Tribunale di Bari numero R.G. 5753/2018 – R.S. 17. Direttore Responsabile Domenico Saracino, Vice Direttrice Alessandra Randazzo. Gli articoli a nome di ClassiCult possono essere 1) articoli a più mani (in tal caso, i diversi autori sono indicati subito dopo il titolo); 2) comunicati stampa (in tal caso se ne indica provenienza e autore a fine articolo).

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