Vittima o artefice del proprio destino? Immagini di Ottaviano Augusto a confronto

Articolo a cura di Francesca e Giusy Barracca

Augustus Emperor DeepAI Ottaviano Augusto
Ottaviano Augusto in un’immagine generata da ClassiCult con DeepAI, licenza d’uso

Vincitore del National Book Award nel 1973, Augustus di John Williams è stato spesso definito “un capolavoro della narrativa americana”, ma chi scrive necessita di condurre un inevitabile confronto con l’altra grande opera dello scrittore americano Stoner e il romanzo epistolare Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar, che presenta elementi di affinità, per esprimere un punto di vista differente. Allo stesso modo, l’immagine dell’imperatore Augusto che emerge dal romanzo va messa a confronto con quella storica tramandata dalle fonti per evitare la banalizzazione di una personalità complessa come quella del princeps.

Augustus di John Williams, pubblicato da Fazi Editore (2021) nella collana Le strade Ottaviano Augusto
Augustus di John Williams, pubblicato da Fazi Editore (2021) nella collana Le strade

Augustus vs Stoner

Fin da subito, Augustus non sembra reggere il confronto con l’opera precedente dello scrittore americano. Pur trattandosi di generi diversi ben definiti, in Augustus, romanzo epistolare che trae dal romanzo storico alcuni significativi elementi, manca quella partecipazione emotiva che caratterizza la penna di Williams e il personaggio di Stoner nell’opera omonima.

Il ritratto di Ottaviano Augusto, infatti, quale uomo comune, erede di un destino inevitabile, appare a tratti evanescente, troppo vago, in quanto ricostruito in maniera indiretta a partire dalle testimonianze di amici, poeti, scrittori che ebbero modo di conoscerlo.

Tuttavia, l’intreccio di documenti, epistole, diari dei vari personaggi si rivela senz’altro utile alla ricostruzione storica degli eventi, nonostante lo stesso Williams tenga a sottolineare fin da principio di aver modificato l’ordine cronologico e aver inventato laddove la coerenza narrativa lo richiedesse. Il risultato di tali licenze è un racconto che, pur partendo in alcuni casi da documenti e fonti realmente esistite, crea un’atmosfera credibile, ma forse non sempre verosimile.

I resoconti delle azioni militari appaiono spesso ripetitivi attraverso i diversi punti di vista dei personaggi di Marco Agrippa, Salvadieno Rufo, Marco Antonio, Mecenate, Cicerone, ecc. In molti casi, le stesse lettere scritte dai personaggi sembrano quasi un mero esercizio di scrittura creativa da parte dell’autore che si cala nei panni di importanti personaggi della storia romana. Si assiste, così, alla rivisitazione o alla vera e propria creazione di episodi volti a costruire una trama di personaggi che si intrecciano, interagiscono tra loro talvolta in maniera forzata.

I due libri di John Williams, Augustus e Stoner, quest'ultimo pubblicato da Fazi Editore (2020) nella collana Le strade
I due libri di John Williams, Augustus e Stoner, quest’ultimo pubblicato da Fazi Editore (2020) nella collana Le strade

Un ritratto della Roma augustea

Tuttavia, riuscito, nel romanzo, è senz’altro il ritratto della Roma protagonista del periodo augusteo. Tra banchetti, confronti letterari, feste e corruzione sfrenata, emergono in particolare rapporti tra scrittori e poeti, come quello tra Orazio, Virgilio e lo stesso Augusto, capaci di offrire un buon quadro del panorama letterario coevo.

Interessante e di maggior coinvolgimento è sicuramente il diario di Giulia, figlia di Augusto, in esilio per volere del padre sull’isola di Pandataria (l’attuale Ventotene) che costruisce l’immagine e il percorso di una donna che scopre il proprio corpo e ne fa un’arma, per poi soccomberne. Con le dovute licenze narrative e storiche, è qui che Augustus raggiunge il suo apice stilistico e si riconosce la penna che ha prodotto Stoner. Il fatto che sia il diario di Giulia e tutta la vicenda legata al suo presunto coinvolgimento nella congiura ai danni paterni a catturare maggiormente l’attenzione del lettore rappresenta un’ulteriore testimonianza di come la figura di Augusto, che dovrebbe essere centrale in un romanzo che ne porta il nome, rimanga piuttosto in ombra rispetto ad altri personaggi che pur hanno dominato la scena letteraria, politica e sociale della Roma augustea.

Augusto di Williams vs Adriano di Yourcenar

Alla luce delle riflessioni precedenti, l’ultima parte del romanzo, la lunga lettera in prima persona di Ottaviano Augusto a Nicola di Damasco, appare da un lato non necessaria poiché ripropone episodi della vita di Augusto già presentati da altri personaggi nelle pagine precedenti.

Forse sarebbe stato più efficace far parlare in prima persona Augusto fin dalle prime pagine? Come nel precedente modello di Memorie di Adriano in cui l’imperatore scrive di proprio pugno lettere indirizzate al nipote Marco Aurelio, insomma.

È proprio in quest’ultima parte che, pur essendo esplicitato l’obiettivo principale di Williams, diventa inevitabile il confronto con l’opera di Marguerite Yourcenar che aveva uno scopo simile: mostrare la vita dell’erede di un impero nelle sue fragilità e debolezze di uomo comune. Allo stesso modo, infatti, Williams intende restituire al lettore l’immagine di Ottaviano Augusto come uomo, padre, marito e amico quale tanti altri come lui, la cui unica “maledizione” è stata essere colto dal destino e averlo accettato di conseguenza.

Dunque, non decisi di cambiare il mondo a causa di quel facile idealismo e di quel moralismo cieco, che sono sempre forieri di sconfitta; né volli farlo allo scopo di accrescere la mia ricchezza e il mio potere; […] Fu il destino ad afferrarmi, quel pomeriggio ad Apollonia, quasi sessant’anni or sono: e io scelsi di non sottrarmi al suo abbraccio.1

Ma si può davvero accettare l’idea di un Ottaviano Augusto vittima passiva del destino? Più che vittima, l’Augusto della storia, infatti, è una personalità artefice del proprio destino. Pur designato come erede di Giulio Cesare e quindi di Roma, Augusto sembra volgere a proprio favore il destino ereditato in più di un’occasione.

Augustus di John Williams con Memorie di Adriano – seguite da Taccuini di appunti, di Marguerite Yourcenar, pubblicato da Giulio Einaudi Editore (2014) nella collana Super ET

L’Augusto delle Res gestae e la propaganda augustea

Nelle Res gestae divi Augusti, infatti, documento fondamentale per comprendere il senso dell’operazione politica di Augusto, non importa che l’evento descritto sia vero o meno, piuttosto è significativa l’immagine che, dall’inizio alla fine, il princeps vuole dare di sé.

Ottaviano Augusto inaugura una nuova forma di governo mai esistita. Il Principato, infatti, non è una monarchia, né una monarchia mascherata e del resto lo stesso Augusto rifiuta questa forma di governo che pur gli era stata offerta. Quello di Augusto, in realtà, è un governo dal potere ambiguo, ma determinato dalla consapevolezza che esistevano ancora gruppi tutt’altro che disposti a rinunciare alle strutture repubblicane. Dunque, a livello di strutture politiche, si ha un doppio ordinamento, uno che fa capo solo a lui, l’altro che mantiene proprio le strutture più repubblicane. Per dare l’idea della necessaria restaurazione della Repubblica, il princeps si serve soprattutto della propaganda sì da intercettare il consenso attraverso strumenti di pervasiva promozione pubblica della sua persona.

[1] All’età di diciannove anni, di mia iniziativa e a mie spese misi insieme un esercito, per mezzo del quale ottenni la liberazione dello Stato, che era oppresso dal dominio di una fazione politica. “Per questo motivo, il senato, sotto il consolato di Gaio Pansa e Aulo Irzio, decise di annoverarmi a titolo di onore tra i suoi membri, concedendomi il rango di consolare per l’espressione del mnio parere, e mi affidò il comando militare. Ordinò inoltre che io, in qualità di propretore, provvedessi insieme con i consoli a che lo Stato non avesse a soffrire alcun danno. Lo stesso anno poi, essendo caduti entrambi i consoli in guerra, il popolo mi fece console e triumviro per la ricostruzione dello Stato. (Trad. Antonio Guarino)

Fin dai primi paragrafi del suo “testamento politico”, esposto sulle pareti del mausoleo destinato ad accoglierne le spoglie, Augusto si preoccupa di legittimare il proprio potere sottolineando le cariche ricevute e quelle rifiutate, ma soprattutto il ruolo svolto nella salvezza della patria liberata dai nemici (dominatione factionis). È probabile che qui, con il termine factio, Augusto si riferisca in particolare a quando era ancora Ottaviano e aveva radunato un esercito a proprie spese per vendicare l’uccisione di Cesare. Secondo altre interpretazioni, invece, potrebbe riferirsi ad Antonio. La versione greca dell’iscrizione, invece, è più chiara nel riportare “Ho liberato lo stato dalla schiavitù dei congiurati”, con specifico riferimento agli uccisori di Cesare, i cesaricidi.

Res gestae Divi Augusti dal Monumentum Ancyranum
Parte delle Res gestae Divi Augusti dal Monumentum Ancyranum. Immagine da Berolini, Weidmann, Mommsen – Res gestae Divi Augusti : acc. Tab 11 / ex monumentis Ancyrano et Apolloniensi iterum edidit Th. Mommsen Ref CIL 03, p 0774 (p 1054, 2328,57) = IGRRP-03, 00159 = IDRE-02, 00394 = GLIA-01, 00001 = AE 2007, +00036 = AE 2007, +00037 = AE 2009, +00035 EDH 043171, in pubblico dominio

Come scrive Luciano Canfora ne La Prima marcia su Roma:

Si potrebbe anzi dire che, in questo fulminante e sibillino esordio delle Res Gestae, Augusto abbia voluto che l’espressione fosse passabile di varie interpretazioni, tutte possibili e tutte smentibili.

[…] Factio richiamava, nella mente di chiunque, la parte più faziosamente “repubblicana” e anticesariana del Senato.
[…] Ottaviano aveva ingannato consapevolmente la
factio, aveva finto di arruolare un esercito privato (cioè illegale) per mettersi al suo servizio, ne aveva ricevuto premi e incentivi, e l’aveva poco dopo massacrata2.

In ogni caso, appare evidente l’intento di Augusto di presentarsi quale salvatore della patria per ottenere il consenso del popolo e allo stesso tempo giustificare il proprio operato.

L’inizio delle Res Gestae è forse uno dei migliori esempi della grandezza e strutturale ambiguità del linguaggio politico”.3

Il problema principale, infatti, era la creazione di un esercito personale non approvata dal Senato, per cui Augusto necessita di giustificare l’azione illegale che inaugura la sua carriera politica.

[3] Spesso combattei guerre civili ed esterne per terra e per mare in tutto il mondo e, vincitore, perdonai a tutti i cittadini che mi chiesero grazia. Le genti straniere, cui senza pericolo si poté perdonare, preferii risparmiarle anzi che sterminarle. Circa cinquecentomila cittadini romani militarono sotto di me. Di essi, poco più di trecentomila, terminata la ferma, inviai in colonie o rimandai ai loro municipi e a tutti assegnai terreni o diedi somme di danaro come premio per il servizio prestato. Catturai seicento navi, senza contare quelle di classe minore delle triremi.

Altro motivo che contribuisce alla creazione di una personalità che possa godere di approvazione è quello del “vincitore che risparmia”. Si tratta di un tema cardine della propaganda augustea: non è un caso, infatti, che sia espresso nel VI libro dell’Eneide, poema della celebrazione dell’Impero Romano per eccellenza. Da un punto di vista ideologico, il tema è piuttosto importante, soprattutto in virtù della realtà dei fatti testimoniata dalle liste di proscrizione. Con i propri nemici, infatti, Ottaviano non fu sempre clemente come vorrebbe far credere. Le liste di proscrizione, in cui finisce anche il nome di Cicerone, grazie al quale Ottaviano era riuscito a farsi strada in senato, sono l’esempio più lampante.

Il saggio di Luciano Canfora, La prima marcia su Roma, pubblicato da Editori Laterza (2007)
Il saggio di Luciano Canfora, La prima marcia su Roma, pubblicato da Editori Laterza (2007) nella collana I Robinson/Letture

Ottaviano, Cicerone, Pansa e Irzio: ambiguità e verità

“È solo un ragazzo, e anche sprovveduto; non s’intende affatto di politica, né è probabile che possa farsne un’idea. A muoverlo non sono né l’onore né l’ambizione, ma una sorta di tenerezza per il ricordo di un uomo che avrebbe voluto essergli padre”.4

È con queste parole che il Cicerone di John Williams descrive Ottaviano in un primo momento. Lo stesso Ottaviano che si ritroverà, poi, a difendere e sostenere, favorendone l’intesa con il Senato fino all’esclusione dai riconoscimenti per la vittoria contro i cesaricidi.

Sul pretesto della rivendicazione paterna in qualità di vittima insiste molto anche l’Ottaviano de I Lupi di Roma di Galatea Vaglio, romanzo storico che, da questo punto di vista, ha il merito di aver restituito un’immagine di Ottaviano, in contrasto con il rivale Marco Antonio, forse più vicina alla realtà dei fatti.

Su di lui, Cicerone confessa:

[…] O meglio, forse solo ora per la prima volta lo capisce davvero. Lo aveva avvertito, Bruto di non fidarsi di lui, perché era una serpe che si fingeva colomba. Invece, si è fatto abbindolare dalla sua aria così perbene, dal volto ancora infantile. […] Ma non c’è nulla di infantile in lui: dei tre, ora se ne rende conto, Ottaviano è il peggiore. Forse per questo Cesare lo ha scelto come erede e lo ha adottato come figlio: sotto l’apparente delicatezza, c’è l’animo inflessibile e spietato di un predatore, un avvoltoio che pasteggerà sulle rovine della Res Publica.5

IL romanzo storico di Mariangela Galatea Vaglio, I lupi di Roma, pubblicato da Giunti (2022) nella collana Storia e storie
Il romanzo storico di Mariangela Galatea Vaglio, I lupi di Roma, pubblicato da Giunti (2022) nella collana Storia e storie

Per quanto drastico il giudizio di Cicerone, non è impensabile credere che Ottaviano non fosse uno sprovveduto o un erede casuale di Cesare. Tutto, piuttosto, sembra spingere verso l’immagine di un furbo giocatore, capace di ribaltare le sorti del destino e modificare il corso della storia per uscirne vincitore assoluto.

È un rapporto di reciproco sfruttamento, quello tra Ottaviano e Cicerone, che alla fine rivela tutta la propria contraddittorietà nella stessa fine di Cicerone, i cui resti furono esposti senza pietà alcuna su quegli stessi rostri sui quali era solito tenere le orazioni pubbliche.

Sembrerebbe, infatti, che lo stesso Augusto, timoroso di essere deposto e isolato dal Senato, avesse ammesso di essersi servito della “smania ciceroniana per il potere” e di avergli proposto di assumere insieme il consolato con la promessa di un appoggio anche elettorale. A riportarlo è Plutarco nella Vita di Cicerone6 e l’idea di Canfora è che questi abbia ricavato la notizia dall’autobiografia perduta del princeps7, in tutta probabilità un altro grande capolavoro di propaganda augustea.

Come le Res Gestae, anche il ruolo che l’autobiografia ha svolto nella giustificazione dell’operato di Ottaviano dev’essere stato cruciale.

Infatti, l’ascesa al potere di Ottaviano Augusto che riesce a ottenere il favore delle legioni cesariane e mettersene a capo e a rimanere, dopo la morte dei consoli in carica, l’unico magistratum cum imperio in quanto propretore, è stata oggetto di perplessità fin dall’antichità.

Tacito e Svetonio, ad esempio, e come loro tanti altri nel corso dei secoli, insinuano che Ottaviano avrebbe ucciso il console in carica Irzio e accelerato, con l’avvelenamento delle bende, la morte dell’altro console Pansa già ferito. Dello stesso avviso è Luciano Canfora che in La prima marcia su Roma mette in evidenza, attraverso il sostegno e l’accurata analisi delle fonti, proprio alcune delle ombre legate all’episodio della morte dei consoli in carica.

In particolare, con il sostegno del terzo libro delle Guerre Civili di Appiano di Alessandria, fondato proprio sull’Autobiografia di Augusto, Canfora ricostruisce la vicenda con plausibilità: rappresentando i consoli l’unico ostacolo all’ottenimento del potere da parte di Augusto, è verosimile che alla loro morte abbia contribuito in qualche modo lo stesso Augusto. Secondo la versione da lui fornita, infatti, nel momento fatale di Irzio Ottaviano non gli sarebbe stato vicino e non avrebbe potuto aiutarlo, ma soltanto recuperarne il corpo. Allo stesso modo, le ferite che Pansa aveva riportato non erano letali, eppure sembrerebbe che poco dopo una visita di Ottaviano lo stesso console abbia esalato l’ultimo respiro, non prima di avergli rivolto uno dei discorsi più controversi della storia. Si tratterebbe, infatti, di un discorso creato e diffuso ad hoc da Ottaviano, nel quale Pansa avrebbe pronunciato, da cesariano convinto, una vera e propria giustificazione della condotta del Princeps, nonché una prova dell’intesa politica tra i due.

Secondo Canfora pare evidente, a questo punto, che

Il senso di questo mirabile discorso è evidente: è un tassello non secondario nella strategia storico-propagandistica di Ottaviano. È la legittimazione del suo successivo operare. Ottaviano sembra, da quel punto in poi, assolvere al mandato affidatogli da Pansa morente nel nome dell’unità della pars cesariana. […] Crea un fondamento “legale” e “politico” per la sua azione successiva”8.

Tra falsificazioni, invenzioni, contraddizioni e verità celate, quel che è certo è che le Res Gestae si rivolgono ai posteri, per cui si può dir che assumano quasi la funzione di un manuale del buon imperatore con l’autoproclamazione di un modello politico. In effetti, la storia ha poi confermato Augusto come modello politico per gli altri imperatori.

A voler tornare al punto di partenza, all’Augustus di Williams, nonostante la presenza di alcuni passi del testamento politico del princeps e numerosi riferimenti alla propria attività politica e legislativa, si può dire, dunque, che il romanzo non centri l’obiettivo — pur nel medesimo tentativo del simile e riuscito Memorie di Adriano – di restituire un’immagine completa, o almeno credibile, della complessa personalità di Ottaviano Augusto che, come abbiamo visto, è stato un abilissimo e astuto stratega politico, servitore di Roma al pari di tutti gli altri cittadini, eppure a loro superiore:

[34] Durante ii sesto ed il settimo consolato, poi ch’ebbi posto termine alle guerre civili, avendo riunito in me per consenso universale ogni supremo potere trasferii la res publica dalla mia potestà alle libere decisioni del senato e del popolo romano. Per questo mio merito venni denominato Augusto per senatoconsulto, la porta della mia casa fu ornata pubblicamente di alloro, una corona civica fu infissa sopra la mia porta e nella curia Giulia fu posto uno scudo d’oro, la cui iscrizione attestava che il senato c ii popolo romano me l’offrivano per il mio valore, la mia clemenza, la mia giustizia e la mia pietà. Dopo d’allora io superai tutti per autorità, ma non ebbi alcuna potestà maggiore degli altri cittadini, che mi furono anche colleghi nella magistratura.

Note: 

1 J. Williams, Augustus, Fazi 2021, p. 366.

2 L. Canfora, La prima Marcia su Roma, Bari 2007, p. 15.

3 Ivi, p. 16.

4 J. Williams, op. cit., p. 47.

5 M. G. Vaglio, I Lupi di Roma, Giunti 2022, p. 284.

6 Plut. Cic., 45.5.

7 L. Canfora, op.cit., p. 71.

8 L. Canfora, op.cit., p. 63-64.

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1 Comment

  1. Ho letto con interesse la recensione e vi ringrazio di aver portato all’attenzione un libro di cui non si parla molto e che anche io ho consigliato a mia volta.
    Spero vi faccia piacere il mio commento benevolmente critico, che scrivo qui perché aspettavo da tempo di potermi confrontare con qualcuno su queste pagine a mio avviso strepitose! Non mi sento di condividere pienamente la lettura dell’opera, perché secondo me il commento nasce da un presupposto narrativo che non era quello di Williams. Non credo che volesse scrivere un libro sulla figura politica di Augusto, anzi, sembra proprio che volesse tratteggiare l’uomo, essendo la sfida ardua: un uomo antico, lontano nel tempo, ma pur sempre un uomo.
    Ho letto tutti e 3 i libri di Williams e forse è un po’ avventato il confronto tra Stoner e Augustus, perché sono due opere diverse fin dalle intenzioni dell’autore. Augustus è il più bel ritratto romanzato dell’uomo, di Gaio Ottavio, e di tutte le sue verosimili ansie e strategie di uomo, fratello, marito, amico e padre, che io abbia mai letto.
    Venendo dalle letture di Fraschetti, per me il più grande storico e divulgatore della storia di Augusto, trovo che Williams ne abbia tratteggiato il mondo affettivo, in un modo meravigliosamente verosimile. Non cerchiamo il rigore storico dove non alberga. Ringrazierò sempre Williams per averci regalato quelle pagine umane e commoventi sulle suggestioni di un uomo di potere. E ringrazio anche voi per averlo portato sui vostri canali💜

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