Solitamente non recensisco narrativa, tanto meno di questo genere. Ma quando ho visto la lista delle nuove uscite della add Editore, qualcosa mi ha colpito nel titolo Il romanzo della rosa di Anna Peyron, non fosse altro per la suggestione indotta dalla passione che mia madre ripone nella botanica. La Peyron, “vivaista anomala” come lei stessa si definisce, scrive su La Stampa e su Gardenia e prima di dedicarsi alle piante lavorava in una galleria di arte contemporanea. “Puntata dopo puntata prendo sempre maggior confidenza con la scrittura e alterno argomenti e storie legate alle rose che possano incuriosire anche chi non ha un giardino. Neppure un solo vaso di rose sul balcone”, scrive sul finire del libro. E ancora: “Ho intrapreso un lavoro di cui non avevo alcuna esperienza, alcuna conoscenza diretta, di cui non mi era stato tramandato alcun sapere”.

Il romanzo della rosa di Anna Peyron. Foto di Valentina Tatti Tonni

È a Castagneto Po, in Piemonte, che nei primi anni Ottanta apre un vivaio di cacti, affascinata dalle forme geometriche e scultoree. “Ritrovo tante analogie con il mondo dell’arte: le piante stanno ai lavori degli artisti come i giardini alle collezioni e gli arboreti stanno ai musei come gli orti botanici alle gallerie”, scrive dopo che il fiore ha svelato le sue storie al lettore. Poi, nel 1984, in visita al Chelsea Flower Show di Londra si imbatte in uno stand che riproduce un giardino elisabettiano “dove tra vasi di garofonini e gigli si mescolano seducenti rose alba, galliche e damascene. (…) Non avevo mai visto nulla del genere in Italia. – spiega – Subito accarezzo il sogno di dedicarmi alla coltivazione di quelle rose”.

Peyron inizia così un viaggio secolare, insieme a quello intrecciato di Marie-Josèphe Rose Tascher de La Pagerie che dalla Martinica dove nasce nel 1763 diverrà a Parigi imperatrice dei francesi accanto a Napoleone. È la storia di Giuseppina (nome italianizzato di Joséphine come la chiamava Bonaparte), del giardino Malmaison dove verranno sparse infine le sue ceneri e delle rose, che tutti i grandi signori dell’epoca per i propri parchi prenderanno ad esempio. Ci viene mostrato un Napoleone che sebbene impegnato nelle campagne militari è unito a Giuseppina con amore della floricoltura, con lei fa in modo che Malmaison diventi un vero parco in cui le rose possano essere distribuite in libertà.

Foto di Albrecht Fietz

I capitoli narrano di luoghi e di protagonisti ed è così che si passa dalla Reggia di Caserta a San Pietroburgo, dall’Australia e dalla Cina fino alla Costa Azzurra con la ricerca del colore e del profumo. “È il periodo in cui grandi pittori scoprono la Riviera. – orienta l’autrice – Quando pensiamo a Claude Monet e al suo celebre giardino di Giverny, sono soprattutto lo stagno e le celebri ninfee che ci vengono alla mente. E se le ninfee hanno un ruolo centrale nella rappresentazione pittorica del giardino, è anche vero che ci sono moltissime rose a far bella mostra di sé trionfando in una miriade di colori e di forme”.

Sorprende il tentativo culturale di Peyron che, in poco più di duecento pagine, scava nella Storia, la restaura intensamente dei suoi significati e la restituisce al lettore in una chiave originale. L’autrice non vuole affatto esibire la Rosa, con la erre maiuscola, per sottolinearne il prestigio e la bellezza ormai quasi scontate, bensì ne vuole far conoscere le peculiarità sia ai rodofili che nel viaggio partono avvantaggiati sia al neofita che come me, sul balcone, non ha un solo vaso di rose.

il romanzo della rosa Anna Peyron
Anna Peyron, Il romanzo della rosa. Storie di un fiore, pubblicato da add editore (2020) con prefazione di Ernesto Ferrero e illustrazione di copertina di Gabriele Pino, pagg. 240, Euro 16

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