Giovedì 29 novembre, alle ore 18, si tiene il terzo incontro dedicato all’approfondimento di specifiche opere tra le circa 80 esposte all’interno della mostra Je suis l’autre. Giacometti, Picasso e gli altri. Il Primitivismo nella scultura del Novecento. Per l’occasione Francesco Paolo Campione, curatore con Maria Grazia Messina della rassegna, illustrerà le caratteristiche di una tra le sculture provenienti dall’Oceania: un hei-tiki, ovvero un pendente antropomorfo che veniva indossato da donne e uomini di alto rango.

Partendo dalla singola opera il pubblico sarà guidato attraverso la rivoluzione formale della scultura del Novecento.

[…] L’opera è ricavata da un’ascia di nefrite, una giada molto dura considerata dai māori d’origine sovrannaturale. Magistralmente levigata, scolpita e incisa su di un’unica faccia, è da considerare fra i maggiori capolavori del genere.
[…] La forma dell’hei-tiki rappresenta in scala drasticamente ridotta le figure verticali della scultura in legno māori di cui, inoltre, manifestano nel modo più compiuto l’intima ripugnanza per l’uso di forme e decorazioni rettilinee. Sul significato della figura rappresentata dagli hei-tiki sono state fatte numerose congetture[…].

In ogni caso, comunque, l’hei-tiki costituiva l’ornamento personale più prezioso e, in assoluto, uno degli oggetti eccellenti della cultura māori, poiché era un segno del mana del suo possessore e, dunque, del ruolo che questi rivestiva nella società. Tradizionalmente era scambiato o donato al capo di un’altra tribù come offerta di pace, per consolidare un accordo matrimoniale, o come un atto di suprema ospitalità. La moglie d’un capo catturato in battaglia era tenuta a inviare il suo hei-tiki alla moglie del rapitore. Se appartenuto a un parente defunto, l’hei-tiki era generalmente mantenuto all’interno della famiglia e considerato alla stregua di un vero e proprio cimelio. Attraverso il contatto con il mana dei grandi personaggi del passato, la trasmissione dell’ornamento di generazione in generazione ne accresceva, inoltre, il valore.

Come la maggior parte degli oggetti preziosi, oltre a un nome comune, gli hei-tiki possedevano un nome proprio che era conosciuto dalla cerchia dei parenti. Per quanto riguarda il suo valore, possiamo senz’altro affermare che rappresenti quasi un’epitome della scultura māori, il cui scopo principale era quello di dare dignità alla vita e all’apparenza degli individui d’alto lignaggio, gli ariki e i rangatira, aumentando il loro prestigio individuale e accrescendo di riflesso l’orgoglio di tutta la collettività ristretta. (Francesco Paolo Campione, estratto dal catalogo della mostra, ed. Electa).

Promossa dal Museo Nazionale Romano, diretto da Daniela Porro, e dal Museo delle Culture di Lugano (MUSEC) con Electa, la mostra resta aperta al pubblico fino al 20 gennaio 2019 e con più di 80 opere denota come il «mondo altro» ha partecipato al rinnovamento dell’arte occidentale. Una serie di appuntamenti con focus di 30 minuti accompagneranno il pubblico tra le cinque aree tematiche, che raggruppano sculture dei maestri del Novecento e capolavori di arte etnica e popolare.

Per maggiori informazioni sulla mostra: http://www.electa.it/mostre/je-suis-lautre/

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