Giulia Blasi è femminista.

Si occupa da anni di femminismo e del modo migliore per cercare di spiegare il femminismo alle nuove generazioni.

La copertina del Manuale per ragazze rivoluzionarie di Giulia Blasi, pubblicato da Rizzoli (2018) nella collana Varia

Lo aveva fatto con il Manuale per ragazze rivoluzionarie, già due anni fa, che ho letto e consigliato di leggere a chiunque nonostante il rosa shocking della copertina. Perché il rosa non è un colore per donne, è un colore per chi gli piace. Un po’ come il femminismo che non è una cosa da donne, è una cosa per chiunque sia interessat* a essere femminista (nota a margine: da qualche tempo sto cercando di usare un linguaggio più inclusivo. In questo caso ho scelto l’asterisco, che è facilmente reperibile su qualsiasi tastiera. Di solito prediligo lo schwa, un simbolo fonetico che amo molto perché  lo pronuncio alla napoletana. Per qualsiasi informazione sullo schwa e sul dibattito sul linguaggio inclusivo vi consiglio di seguire, leggere e commentare Vera Gheno, un’altra femminista che parla con competenza di linguistica essendo una sociallinguista).

Giulia Blasi Rivoluzione Z femminismo
La copertina di Rivoluzione Z di Giulia Blasi, pubblicato da Rizzoli (2020) nella collana Varia

In Rivoluzione Z Giulia Blasi diventa molto più esplicita. Anzitutto si rivolge alle generazioni di giovani adolescenti, diciamo dai 13 anni in poi. Alle ragazze, da principio. Anche se non parla solo alle ragazze di 13 anni.

Per tutta la prima parte di questo manuale ho avuto la netta sensazione che parlasse direttamente alla me degli anni 80, quando l’adolescenza, magari non a 13 anni ma a 15 di sicuro, era la mia.

Giulia parte dalla sua esperienza di inadeguatezza alle richieste che venivano fatte allora a noi con i cromosomi XX. Ecco, per molti versi la sua inadeguatezza è stata anche la mia, incluso il suo essere quella che i maschi vedevano come una pari.

Forse per questo motivo a partire più o meno dalla metà del manuale si rivolge direttamente ai maschi. Qualsiasi maschio, pure quello a cui piacciono gli uomini o che non ha ancora deciso cosa gli piace e forse non ha nemmeno tanta intenzione di decidere.

Una seconda parte che a una come me fa pensare ‘Finalmente’.

Sì, perché qui partiamo sempre dalla convinzione che i maschi non siano vittime del patriarcato, che loro ne siano immuni, anzi.

E invece esiste una buona fetta di femminist* che sanno alla perfezione come il patriarcato provoca danni non solo alle donne che devono essere in quel modo perché sono un’appendice del maschio, ma agli uomini stessi che non si adeguano all’idea di maschio che viene propagata di continuo.

E i danni peggiori che perpetra il patriarcato cominciano a radicarsi per bene proprio in adolescenza.

L’infanzia è ancora un momento in cui bambine e bambini sono più o meno alla pari, dipende sempre dalla condizione socioeconomica e culturale della famiglia, ma esiste un lunghissimo limbo in cui in infanzia molto spesso le differenze tra i due generi non sono in apparenza così marcate o almeno sono sostenibili. Certo, magari non discutiamone con una famiglia di Rozzano vecchia o della Barona degli anni ’80, o di qualsiasi altra periferia del mondo, perché lo scenario potrebbe cambiare completamente. Pensiamo a una situazione di ceto medio, con una condizione economica sana, due genitori con stipendi da impiegati che hanno studiato almeno fino al liceo, persino con una cultura universitaria o equipollente.

Più o meno le famiglie che frequentiamo abitualmente noi top* di libreria e biblioteca.

Appena arriva l’adolescenza (e negli ultimi anni l’adolescenza è sempre più precoce) comincia il problema reale.

Perché le aspettative su maschi e femmine diventano una prerogativa non solo della famiglia ma di tutta una comunità fatta da amici e amiche che fanno da seconda famiglia, spesso anche da seconda pelle.

E per l’adolescente diventa più complicato sfuggire alle aspettative in un contesto dove sono i suoi pari a volere un certo conformismo.

Con gli anni ci si rende conto che spesso questo conformismo è molto meno tollerante verso l’adolescente maschio.

Un’adolescente femmina che non vuole essere una femmina come la disegna qualcun altr* vive una serie di problemi, ma alla fine il massimo che può trovarsi addosso è l’etichetta di maschiaccio (in ambienti dove non esiste il disprezzo per una qualsiasi altra preferenza di genere, altrimenti si può essere apostrofate come lesbiche, e non è un complimento. Chiedetemi come lo so).

Il maschio adolescente è chiamato a dimostrare di essere uno a cui piacciono le donne senza se e senza ma, deve essere portato per i giochi rudi, o competitivi, ha da puzzare, diceva Gioele Dix nei panni di Ravanelli all’epoca di Mai dire Gol. Gentilezza? Bandita. Poesia? Manco a parlarne. Può studiare, eh, ma a una certa deve per forza uscire per andare a giocare a calcio con gli amici. E deve fare apprezzamenti su tette e culo. Di qualsiasi ragazza.

Altrimenti come minimo è gay. Pure quando non lo è. È gay lo stesso.

Giulia sa perfettamente tutte queste cose. Essendo stata l’amica dei maschi, a cui veniva raccontata qualsiasi cosa, ha recepito tutto quello che le è stato raccontato.

E a giudicare da come parla con gli adolescenti di oggi, come spiega le ragazze e il mondo in cui sono costrette a muoversi e gli ostacoli che si trova davanti un adolescente maschio del 2020, pare che i problemi siano sempre quelli. Con degli strumenti ulteriori che noi non avevamo e che se possibile li centuplicano.

I social network e l’uso che ne fanno i millennials.

Solo per questa analisi che si basa sulla conoscenza diretta dei social usati da* ragazz* vale la pena leggere Rivoluzione Z, a patto di essere interessat* alla questione ‘come far sì che gli adolescenti e le adolescenti diventino persone in grado di scegliere chi vogliono essere schivando per quanto possibile i danni del patriarcato?’.

Ecco, se vi interessa, dovete leggerlo. Senza se e senza ma.

Foto tratta dalla manifestazione Friday for future del 15 marzo 2019. Foto di Giuliana Dea

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