Dal 21 ottobre al Museo di Roma a Palazzo Braschi la mostra ROMA MEDIEVALE. Il volto perduto della città

Fino al 5 febbraio 2023 un viaggio a ritroso, attraverso oltre 160 opere, nella Roma tra VI e XIV secolo, per molti versi “nascosta”, tra i fasti delle rovine antiche e lo splendore dei palazzi rinascimentali e delle piazze e chiese barocche.

 

Roma, 20 ottobre 2022 – Riscoprire il volto perduto della Roma fra VI e XIV secolo e il suo ruolo cardine nell’Europa cristiana e medievale sia per i semplici pellegrini sia per regnanti e imperatori. Questo l’obiettivo della mostra “Roma Medievale. Il volto perduto della città”, al Museo di Roma a Palazzo Braschi dal 21 ottobre al 5 febbraio 2023, promossa da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali in collaborazione con Sapienza Università di Roma – Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo. Progetto scientifico di Marina Righetti. A cura di Anna Maria D’Achille e Marina Righetti. Organizzazione Zètema Progetto Cultura. Il catalogo, curato da Marina Righetti e Anna Maria D’Achille, è edito da De Luca Editori D’Arte.

L’esposizione copre un arco temporale che va dal VI al XIV secolodal tempo di papa Gregorio Magno all’indizione del primo Giubileo del 1300, e si sviluppa in 9 principali nuclei tematici che hanno l’obiettivo – grazie alle oltre 160 opere tra mosaici, affreschi e opere mobili generosamente messe a disposizione da 60 prestatori tra musei, enti religiosi e istituzioni pubbliche e private – di far luce sull’aspetto di una città ancora in parte superstite, anche se spesso nascosta. In esposizione documenti provenienti in massima parte da luoghi e raccolte romane, proprio allo scopo di esortare i cittadini romani a riscoprire le ricchezze della loro città.

Il visitatore sarà accompagnato tra le pieghe storiche, architettoniche e artistiche della Roma medievale, attraverso i suoi luoghi più iconici, quali basiliche e palazzi, ma anche grazie alla ricostruzione del contesto ambientale, oggi profondamente modificato, caratterizzato, per esempio, dal serpeggiante corso del Tevere che, con i suoi porti e i suoi ponti, era sfondo e teatro della vita e delle attività urbane. L’immersione nella realtà del Medioevo romano sarà poi approfondita prendendo in esame le ricche committenze di papi e cardinali, l’attività di artisti e botteghe artigiane, che contribuivano al fascino esercitato dall’Urbe, meta imprescindibile di pellegrinaggio anche per re e imperatori.

Il pubblico sarà guidato da ricchi apparati didattici e dal catalogo curato da studiosi formatisi prevalentemente nella scuola dell’Università Sapienza di Roma, che, in oltre quaranta anni di studi e ricerche, hanno portato a svelare il volto medievale della città. La mostra è stata inoltre pensata con lo scopo di portare a conoscenza di un vasto pubblico i risultati di queste ricerche universitarie, in linea con i principi della Terza Missione promossa da Sapienza.

Il percorso, un viaggio ideale verso Roma, farà calzare al visitatore i panni del pellegrino medievale che, immerso nel fascino dell’antica Roma, era animato dal desiderio di entrare a contatto con le prime testimonianze del cristianesimo e le reliquie dei martiri. La presenza della sede papale, inoltre, fece dell’Urbe un polo politico di primaria importanza, al centro di complessi intrecci politici e diplomatici.

Il visitatore scoprirà poi l’importanza rivestita da alcuni tra i luoghi più iconici della Roma medievalesia dal punto di vista religioso, sia politico: il vasto complesso del Laterano, prima basilica cristiana, cattedrale di Roma e sede dei pontefici durante il Medioevo; San Pietro in Vaticano, luogo della tomba di Pietro e meta di pellegrinaggio da tutta l’Europa cristiana; San Paolo fuori le mura, memoria dell’Apostolo delle Genti, e Santa Maria Maggiore, custode delle reliquie del Presepe e prima basilica dedicata alla Vergine.  Sono monumenti oggi profondamenti mutati, ma di cui ancora si conservano vestigia medievali di fondamentale importanza. Attraverso una selezione mirata di oggetti, verrà offerta un’idea della vastità dei quattro complessi basilicali e della ricchezza di opere d’arte che connotava questi luoghi.

Uno spazio di rilievo è dedicato al rapporto privilegiato tessuto nel corso dei secoli tra la città e il papato. Una relazione complessa che ha unito, e quasi identificato, l’Urbe e i suoi pontefici durante tutto il Medioevo. Il visitatore potrà così conoscere i papi più rappresentativi dell’epoca, come Gregorio Magno, Leone III, Innocenzo III e Bonifacio VIII, protagonisti di momenti chiave del Medioevo.

Il grande salone del Museo sarà scenograficamente dedicato a un’ideale passeggiata nello spazio sacro di una chiesa medievale, nella quale       saranno proposti numerosi oggetti mobili, come affreschi e arredi liturgici, ma anche preziosi reliquiari e suppellettili, con lo scopo far compiere un viaggio indietro nel tempo, sulle tracce della liturgia medievale.

La riproposizione dello spazio sacro sarà occasione poi per approfondire alcuni aspetti particolari, come quello della devozione popolare romana, con un focus particolare tutto dedicato alle icone mariane ancora oggi custodite nelle chiese della città; o il caso emblematico della decorazione in affresco proveniente da Santa Croce in Gerusalemme.

Un cittadino, un pellegrino o un visitatore che percorreva le strade della Roma medievale aveva davanti agli occhi una città completamente diversa rispetto a quella attuale. A scandire il percorso di mostra ci saranno, quindi, due ‘intermezzi’ urbani che, grazie all’ausilio di incisioni e disegni, restituiranno, in parte, il volto medievale perduto della città.

Non solo luoghi di culto e di potere quindi. Il percorso espositivo vuole anche far riflettere su come si vivesse a Roma nel Medioevo. Una serie di piccoli ma preziosi oggetti, provenienti dalla Crypta Balbi, narrerà al visitatore storie di vita quotidiana fatta di botteghe, artisti e artigiani.

La mostra si concluderà con la sala dedicata a un ultimo ma importante aspetto. A Roma si installò, già a partire dal II secolo a.C., la comunità ebraica, la più antica al mondo, che con alterne vicende visse continuativamente in città, costituendo, soprattutto nel Duecento, un polo culturale di alto livello, anche per i suoi scambi internazionali. Roma poi, per la sua stessa natura di centro di potere, politico, economico e religioso è sempre stata al centro di un fitto intreccio di culture. Alcuni manoscritti testimonieranno, sia pure parzialmente, il livello di questa straordinaria koinè.

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INTRODUZIONE

LA ROMA MEDIEVALE È COME UN PREZIOSO RELITTO AFFONDATO DA SECOLI,

DI CUI CON GRANDE DIFFICOLTÀ STIAMO RISCOPRENDO I TESORI.

QUESTO LO SCOPO DELLA MOSTRA CHE INTENDE METTERE IN LUCE LA RICCHEZZA CULTURALE E ARTISTICA DI UNA CITTÀ CHE NEL MEDIOEVO VISSE UNO DEI SUOI PERIODI PIÙ FERTILI.

È difficile recuperare l’immagine di Roma in quel lungo periodo che va dalla caduta dell’Impero Romano al 1309 quando Clemente V trasferì la sede papale ad Avignone: sono quasi 1000 anni di storia di cui oggi sopravvive solo un pallido riflesso in angoli da scoprire, ma che per la maggior parte è stata spazzata via per volontà diverse, ma tutte tese a realizzare magniloquenti progetti.

Così, se a partire da Giulio II sparì progressivamente l’antica S. Pietro, Sisto V, nel suo progetto di una nuova struttura urbanistica per la città di Roma, cancellò completamente il Patriarchio Lateranense dove risiedevano il papa e la curia. Tutte le grandi basiliche furono stravolte da interventi di ‘abbellimento’ o per l’inserzione di nuove strutture; come S. Maria Maggiore, i cui preziosi mosaici esterni che ricoprivano abside e facciata rendendola un gigantesco tabernacolo splendente d’oro, a custodia delle reliquie del Presepe e insieme testimone del vivo culto dell’icona della Salus Populi Romani, furono celati dietro più tarde sovrastrutture.

Più recentemente nuove insane decisioni si sono abbattute sul cuore della città e sul quartiere di Borgo, per esempio, con la creazione della via dei Fori Imperiali, della via del Mare e di via della Conciliazione e prima ancora con la costruzione dell’Altare della Patria: i danni furono spaventosi, sia per la città e per i suoi monumenti, sia per i suoi abitanti, sradicati dal loro habitat e deportati nelle immediate periferie. Tragica fu in particolare la sorte di monumenti come l’Aracoeli, amputata dei suoi tre chiostri e di strutture come il lanificio che faceva da quinta alla scalinata; fu demolita anche la Torre di Paolo III, la villa costruita nel XVI secolo di fianco all’Aracoeli, collegata da un corridoio aereo al Palazzetto S. Marco, a sua volta spostato nella posizione attuale ad angolo con il Palazzo di Venezia e la chiesa di S. Marco.

A tutto ciò si aggiunga la sistematica distruzione del piano storico dei Fori, che ha eliminato ogni livello successivo a quello dell’antichità romana. Gli scavi promossi recentemente dal Comune di Roma nell’area di via Alessandrina attestano il rimpianto per quanto abbiamo perso e per la storia della città. Ora l’auspicato progetto di riunificazione dei Fori potrà portare anche a indagare la ricchezza di materiali murati nella massicciata su cui corre la via dei Fori Imperiali.

Obiettivo di questa mostra è quello di far scoprire il volto di Roma durante i quasi mille anni in cui fu faro dell’Europa medievale, una città verso la quale convergevano re e pellegrini, intellettuali e prelati provenienti dalle regioni più lontane, attoniti davanti alle testimonianze dell’antichità intessute con quelle della cristianità, alle grandi basiliche sfavillanti di mosaici e arredi preziosi, cresciute sulle tombe dei martiri.

Le ricerche su molti aspetti di Roma si sono sviluppate per anni presso la Cattedra di Storia dell’arte medievale della Sapienza; ora molte di esse confluiscono in questa sede, con l’avvallo scientifico del prestigioso Ateneo, fondato nel 1303 da papa Bonifacio VIII, ben conscio, come peraltro tutti noi, della necessità di diffondere a un pubblico più vasto i risultati delle ricerche e degli studi a quel tempo concentrati nella Curia pontificia. Non a caso lo Studium Urbis era posto fuori dalle mura del Vaticano proprio per segnalare il rapporto tra la città e gli studiosi che vi giungevano da tutte le parti del mondo.

SEZIONE 1

IN VIAGGIO VERSO ROMA: I PELLEGRINI

In qualità di sede dei successori di Pietro e scrigno di innumerevoli reliquie di santi e martiri, per tutto il Medioevo Roma fu – insieme a Gerusalemme e a Santiago di Compostela – uno dei maggiori centri di pellegrinaggio; i fedeli che vi si dirigevano erano chiamati “romei”.

I pellegrini confluivano da ogni parte d’Europa e, in qualche caso, anche dall’Africa e dall’Asia, sia per pregare sulle tombe degli apostoli e sugli antichi sepolcri dei martiri, sia per venerare le prestigiose reliquie di Cristo, tra cui il legno e i chiodi della croce, la Scala Santa, la colonna della flagellazione, e, a partire dalla fine del Duecento, la “Veronica”, una sorta di sudario in cui si voleva che Cristo avesse impresso i suoi tratti. Il pellegrinaggio a Roma conobbe il suo massimo impulso a partire dal 1300, anno in cui Bonifacio VIII indisse il primo Giubileo, che garantiva la remissione completa di tutte le colpe.

Dall’XI secolo si configurò una vera e propria uniforme del pellegrino, solennemente benedetta al momento della partenza, che consisteva in una semplice cappa; un cappello a falde larghe; un lungo bastone, detto bordone, cui talvolta era legata una zucca o altro per contenere l’acqua; la bisaccia, o sporta, e un piccolo sacchetto di pelle dove si conservavano cibo, denaro e il messale. Tale abbigliamento facilitava l’accesso del romeo sia alla carità dei privati, sia a quella organizzata delle associazioni e dei conventi. Roma si dotò infatti, nel corso dei secoli, di hospitalia dove il pellegrino poteva rifocillarsi e curarsi se infermo.

SEZIONE 2

LE GRANDI BASILICHE

Nel 1300, con l’indizione del primo Giubileo da parte di Bonifacio VIII, le basiliche di S. Pietro e S. Paolo divennero meta obbligata di pellegrinaggio per ottenere l’indulgenza plenaria. Entro la fine del secolo si aggiunsero quelle di S. Giovanni in Laterano e di S. Maria Maggiore. Sono queste le quattro maggiori basiliche di Roma, cosiddette papali, che si distinguono per il privilegio di avere una porta santa e l’altare papale, su cui solo il pontefice poteva celebrare. Durante il Medioevo la basilica lateranense, S. Maria Maggiore e S. Pietro costituivano i vertici della liturgia romana: la prima era il centro del rituale pasquale e la seconda il luogo per eccellenza della celebrazione del Natale, mentre S. Pietro si affollava anche di numerosi pellegrini. Si può̀ dire che le tre basiliche fossero unite in un triangolo virtuale, visivamente manifesto dallo svolgimento di processioni da una all’altra, come quella della notte del 15 agosto, quando il papa e il suo corteo portavano l’icona del Salvatore custodita nella cappella del Sancta Sanctorum fino alla chiesa dell’Esquilino. Oppure quelle che conducevano il nuovo pontefice dal Laterano al Vaticano e viceversa in occasione della sua consacrazione e del suo insediamento. S. Paolo non rientrava in questo strettissimo raggruppamento, anche se per le sue imponenti forme architettoniche può̀ essere considerata a un livello pari a quello di S. Pietro, che rimase tuttavia la basilica di gran lunga più importante, teatro anche di incoronazioni imperiali, come quella di Carlo Magno nel Natale dell’anno 800.

SEZIONE 2 Le grandi basiliche

SAN PIETRO IN VATICANO

La basilica di S. Pietro in Vaticano, che sorge lì dove nel 64 d.C. fu martirizzato il Principe degli apostoli, fu realizzata dall’imperatore Costantino (306-337) sulla tomba del santo, il cosiddetto ‘trofeo’, che ne condizionò la posizione, la struttura e il livello. L’edificio, demolito a partire dal 1506 per volere di Giulio II, può essere ipoteticamente ricostruito grazie ai dati emersi negli scavi degli anni Quaranta, alle notizie contenute nel Liber Pontificalis e ad altre fonti, come la pianta di Tiberio Alfarano (1525-1596) che riproduce la primitiva costruzione con le aggiunte e le modifiche posteriori segnalate da una dettagliata legenda, o le preziose descrizioni di Giacomo Grimaldi e gli acquerelli di Domenico Tasselli da Lugo eseguiti quando papa Paolo V (1605- 1621) fece abbattere l’ultima parte della basilica. L’antica S. Pietro aveva una vasta aula rettangolare absidata, preceduta da un quadriportico, con una larga navata centrale e doppie navate laterali divise da colonne di spoglio e un nuovo elemento architettonico: il transetto, un corpo ortogonale posto tra l’abside e le navate, che l’imperatore fece foderare con marmi preziosi e che coprì con una edicola su colonne tortili vitinee (il fastigium). A questo edificio, nel corso dei secoli, fu apportata solo un’unica modifica strutturale nella zona della confessione. I lavori, iniziati tra la fine del VI e gli inizi del VII secolo, consistettero nella sopreleva- zione della zona presbiteriale e nella creazione di una cripta sotterranea che consentiva ai pellegrini di avvicinarsi alla tomba senza interferire con le celebrazioni liturgiche. Molti sono stati invece gli interventi che nel tempo si sono susseguiti nella decorazione interna ed esterna, come l’oratorio di Giovanni VII (705-707), il mosaico absidale di Innocenzo III (1198-1216), quello della facciata di Gregorio IX (1227-1241), gli affreschi duecenteschi del portico, di cui sono presenti in mostra alcuni frammenti.

SEZIONE 2 Le grandi basiliche

SAN GIOVANNI IN LATERANO

S. Giovanni in Laterano, mater et caput di tutte le chiese, è la cattedrale di Roma. Fu fondata nel 312 dall’imperatore Costantino che, con l’editto di Milano (313), concesse libertà di culto ai cristiani. La basilica, in origine dedicata al Salvatore, fu consacrata nel 318: aveva una pianta longitudinale, divisa in cinque navate da colonnati, ed era conclusa da un’abside; l’interno era sontuosa- mente decorato con marmi e mosaici. Nel corso del Medioevo l’edificio fu sottoposto a numerosi interventi di rinnovamento: davanti all’antica facciata, rivestita da mosaici, nella seconda metà del XII secolo fu costruito un portico con fregio musivo, attribuito a Niccolò̀ d’Angelo; sulla sinistra si ergeva invece l’oratorio di S. Tommaso, risalente all’epoca di Giovanni XII (955-964). Tra il 1215 ed il 1232 Pietro Vassalletto e il figlio realizzarono il chiostro adiacente la chiesa, capolavoro dell’arte cosmatesca, in cui sono conservati i frammenti del monumento funebre di Riccardo Annibaldi (m. 1289), opera di Arnolfo di Cambio. Sul finire del XIII secolo, sotto il pontificato di Nicolò IV (1288-1292), la basilica subì̀ importanti modifiche: il transetto e l’abside furono demoliti e riedificati in forme nuove, e la decorazione a mosaico del catino e dell’emiciclo absidale fu affidata a Jacopo Torriti. L’aspetto attuale dell’edificio è il risultato del rifacimento seicentesco dell’interno per mano di Borromini, che tuttavia inglobò le murature costantiniane e mantenne la spazialità originaria della chiesa paleocristiana. L’odierna facciata, progettata da Alessandro Galilei, fu eretta nel 1732.

SEZIONE 2 Le grandi basiliche

SAN PAOLO FUORI LE MURA e SANTA MARIA MAGGIORE

S. Paolo fuori le mura sorge sopra al sepolcro dell’apostolo Paolo (m. 67) sulla via Ostiense. Non si hanno elementi per ricostruire il primo edificio voluto da Costantino e datato tra il 326 e il 335. La struttura della basilica – un’aula rettangolare, preceduta da un quadriportico, divisa in cinque navate e dotata di transetto e abside – è quella che gli diedero gli imperatori Valentiniano II, Teodosio I e Arcadio. Della prima decorazione non si sa nulla; sono invece documentati gli interventi di papa Leone Magno (440-461) che fece eseguire gli affreschi della navata centrale e il mosaico dell’arco trionfale, di cui resta un frammento con la testa di Pietro. Tra il XII e il XIII secolo l’edificio fu interessato da un’intensa attività artistica che vide i marmorari romani realizzare il chiostro e rinnovare l’arredo liturgico (di cui sopravvive solo il candelabro pasquale firmato da Nicola d’Angelo e Pietro Vassalletto); Onorio III (1216-1226) commissionare il rifacimento del mosaico absidale e Pietro Cavallini ‘restaurare’ gli affreschi della navata (di cui ci sono pervenuti i ritratti papali). È firmato da Arnolfo di Cambio, qui attivo con un misterioso socio Petro, il ciborio gotico dell’altare maggiore. L’incendio divampato nella notte del 15 agosto 1823 (ampiamente documentato dalle cronache e dalle stampe dell’epoca) distrusse quasi completamente l’edificio, la cui ricostruzione, voluta da Leone XII (1823-1829), si deve principalmente all’architetto Luigi Poletti.

La basilica papale di S. Maria Maggiore sorge sulla cima dell’Esquilino e fu eretta da papa Sisto III (432-440), all’indomani del concilio di Efeso (431) che aveva definito il dogma della divina maternità della Vergine, rilanciando il culto mariano in tutta la cristianità. Il monumento è anche noto come “basilica liberiana”, dal nome di papa Liberio (352-366) che, secondo la tradizione, avrebbe edificato un primitivo tempio a seguito della miracolosa nevicata del 5 agosto 358, poi sostituito dalla fondazione sistina. Nonostante gli interventi subiti nel corso dei secoli, la chiesa conserva ancora gran parte della sua struttura paleocristiana dall’impianto basilicale in tre navate, divise da due file di colonne con capitelli ionici di spoglio che sostengono una trabeazione rettilinea. Il transetto, invece, fu inserito da papa Niccolò IV (1288–1292) provocando la distruzione dell’antica abside e la conseguente trasformazione dell’arco da absidale in trionfale.

Ma il vero “tesoro” della basilica sono i suoi mosaici. Risalgono a Sisto III i 42 pannelli della navata centrale, con scene del Vecchio Testamento, dallo stile dinamico e narrativo simile a quello di coevi codici miniati; e i mosaici dell’arco trionfale, con l’iscrizione dedicatoria del papa, con scene dell’Infanzia di Cristo, dal carattere più composto e ieratico enfatizzato dal fondo d’oro. L’abside, ricostruita alla fine del Duecento, accoglie la colossale Incorona- zione della Vergine nel catino e scene della vita di Maria, nella fascia sottostante tra le finestre, di Jacopo Torriti; mentre un ciclo musivo dello stesso periodo, di Filippo Rusuti, decora la facciata, sebbene la sua lettura sia compromessa dall’intervento settecentesco di Ferdinando Fuga.

SEZIONE 3

I PAPI E ROMA

Fin dalle origini l’episcopato di Roma, forte della memoria degli apostoli Pietro e Paolo che nella città erano stati martirizzati e sepolti, puntò ad affermare il proprio ruolo come guida di tutti i seguaci di Cristo. Fu un processo lungo e travagliato che si compì solo dopo il VI secolo, quando il termine “papa” (padre) divenne titolo esclusivo del vescovo di Roma.

Il pontificato di Gregorio Magno (590-604) segnò un punto di svolta nel consolidamento del ruolo dell’Urbe alla guida della cristianità. Nei suoi scritti, Gregorio fornì le basi teoriche della centralità della Chiesa romana nell’Occidente medievale, mentre con la sua azione politica riorganizzò la città e consolidò l’enorme patrimonio fondiario dei pontefici, permettendo alla Chiesa di iniziare ad assumere un ruolo di primo piano anche in ambito temporale, oltre che spirituale.

Proprio con Gregorio Magno, quindi, ha inizio questa sezione che approfondisce alcune delle più importanti figure di pontefici nel periodo medievale. Dopo l’epoca carolingia, il percorso prosegue con i papi protagonisti della Riforma dell’XI secolo, finalizzata al ristabilimento dell’integrità morale del clero e all’esaltazione della funzione papale come guida suprema della Chiesa. Le aspirazioni teocratiche dei pontefici diedero avvio al secolare scontro tra Papato e Impero, rinnovato nel Duecento dalle carismatiche figure di Innocenzo III (1198-1216) e di Gregorio IX (1227-1241) che si contrappongono all’imperatore Federico II di Svevia.

La sezione si chiude con Bonifacio VIII (1294-1303), protagonista del primo Giubileo della storia nel 1300, ma anche dell’umiliante “schiaffo di Anagni”, antefatto del trasferimento del Papato ad Avignone (1309-1376) e dell’inizio della decadenza di Roma.

SEZIONE 4

LO SPAZIO SACRO: LITURGIA E ARCHITETTURA

Gli edifici religiosi cristiani di Roma, generalmente di forma basilicale con navate divise da colonnati, derivano da un modello architettonico diffuso nell’antichità e predisposto per scopi civili. Il cambio di finalità comportò una radicale reinterpretazione degli spazi, adattati per ospitare le celebrazioni liturgiche della nuova religione; l’interno si trasformò in un cammino guidato verso il presbiterio, il settore più sacro della chiesa, riservato ai sacerdoti.

Le caratteristiche essenziali del culto possono essere delineate nel seguente schema: disposizione della comunità dei fedeli in ordine gerarchico; la proclamazione e la predicazione della Parola di Dio; la somministrazione dei sacramenti; l’iniziazione, attraverso il battesimo, e la partecipazione al sacrificio di Cristo e al pasto eucaristico. Le implicazioni spaziali e materiali di tali elementi essenziali della liturgia furono: una disposizione distinta secondo i gradi e le funzioni del clero nel presbiterio, che era separato dai fedeli tramite l’inserimento di una recinzione; l’attenzione alla sede dell’autorità del celebrante, con la collocazione della cattedra nell’abside; un luogo rialzato per la lettura dei Sacri Testi e per la predicazione, che si svolgeva dall’ambone; una tavola per il sacrificio eucaristico e il pasto, l’altare che, posto al centro del presbiterio, diviene il punto focale dell’intero invaso architettonico; infine, un fonte per il battesimo, disposto in uno spazio separato o in un altro edificio annesso alla chiesa.

SEZIONE 5

Le icone mariane

Nella Roma medievale, le icone rivestono un ruolo di primo piano nella vita cittadina, non solo all’interno delle chiese, ma anche al di fuori, quando venivano portate in processione con grande concorso di popolo, come nella notte di Ferragosto quando l’achéropita di Cristo del Laterano varcava l’ingresso della basilica di S. Maria Maggiore per rendere visita “in effigie” alla Madre (la Salus populi romani). Le icone romane, prevalentemente di Cristo e della Vergine (con o senza il Bambino, ma anche di santi), dipinte (per intervento soprannaturale o da mano umana) su un supporto mobile o murale, erano infatti oggetto di particolare venerazione da parte dei fedeli. Venerazione incentrata o ravvivata da leggende, miracoli e particolari prassi cultuali, che valicano anche il periodo medievale. È il caso della Madonna della Catena di S. Silvestro al Quirinale, il cui appellativo si deve alla prodigiosa guarigione, avvenuta a metà del XVII secolo, di un indemoniato, avvinto in quelle catene che furono poi lasciate alla stregua di un ex voto accanto alla tavola dipinta.

SEZIONE 6

LA DECORAZIONE DI SANTA CROCE IN GERUSALEMME

Eseguendosi alcuni lavori nella basilica si venne occasionalmente a ritrovare un vano esistente fra il solaio costruito a sostegno del soffitto sottostante ed il soffitto medesimo, eseguito nei restauri ordinati alla basilica dal papa Benedetto XIV verso la metà del XVIII secolo”.

Così i primi restauratori, Biasiotti e Pesarini, presentarono la scoperta, avvenuta nel 1913 nel sottotetto della chiesa di S. Croce in Gerusalemme, degli affreschi che occupavano la zona immediatamente sotto il tetto a capriate e che dal 1492 erano stati dimenticati, nascosti prima dal soffitto a cassettoni voluto in quella data dal cardinal Mendoza, e poi dalla più̀ estesa sistemazione settecentesca. In origine, quindi, si snodavano sulla sommità̀ delle due pareti laterali della navata centrale e sull’arco trionfale della nuova basilica a tre navate con transetto, ricostruita in forme romaniche con finto matroneo, portico e caratteristico campanile a bifore.

Il ciclo pittorico dei patriarchi risale alla metà del XII secolo: iniziato sotto il cardinale Gerardo Caccianemici, titolare di S. Croce in Gerusalemme dal 1123 (ideazione e realizzazione parete sinistra) a conclusione dei lavori, fu terminato sotto il nipote, cardinale Ubaldo Caccianemici, entro il 1148 (parete sinistra e arco trionfale). Sulla parete di sinistra lavorano tre maestri di cultura veneto- bizantina, mentre sulla parete destra e sull’arco trionfale sono attivi maestri di ambito romano.

SEZIONE 7

LA VITA NELLA ROMA MEDIEVALE (GLI SCAVI NELLA CRYPTA BALBI)

Gli scavi di archeologia urbana condotti nell’area del teatro di Balbo hanno consentito di avere uno spaccato della vita nella Roma medievale in un settore della città particolarmente legato alla produzione manifatturiera. I reperti provenienti allo scavo documentano le fasi di uso del complesso dal V al XIX secolo e permettono di illustrare numerosi aspetti del sito e della città, soprattutto per quanto riguarda la vita quotidiana di cui i materiali costituiscono la testimonianza più significativa. Particolarmente importante in questo senso sono i contesti provenienti dal deposito dell’esedra della Crypta che ha restituito reperti attribuibili a diversi impianti produttivi e, in particolare, ad una officina di VII secolo da cui provengono migliaia di manufatti, prevalentemente in metallo (bronzo, ferro, argento, oro, piombo), ma anche in osso e avorio. Questi hanno permesso di mettere in luce per la prima volta gli aspetti della Roma altomedievale produttrice e distributrice di manufatti di lusso con diffusione in tutta Europa e, nello stesso tempo, si è evidenziato il suo ruolo di punto di arrivo di merci e materie prime da tutto il Mediterraneo e dal Mar Nero.

SEZIONE 8

UN INTRECCIO DI CULTURE

Roma, per la sua stessa natura di centro di potere, politico, economico e religioso è sempre stata al centro di un intreccio di culture. La comunità̀ romana più̀ antica è quella ebraica, in città dal II secolo a.C., dotata presto di sinagoghe, strutture assistenziali e cimiteri catacombali. Gli Ebrei si stabilirono dapprima in Trastevere, per poi trasferirsi sull’altra sponda del fiume, dove ancora oggi si trova la sede principale della comunità̀. I rapporti con la città furono altalenanti, ma gli scambi con i Cristiani sempre intensi, non solo dal punto di vista economico e commerciale, ma anche sociale. Gli scriptoria ebraici furono particolarmente attivi nell’Urbe nella seconda metà del Duecento e produssero codici di grande interesse (uno dei quali in mostra), come quelli eseguiti da Abraham ben Yom Tov ha Cohen per il banchiere Shabetai ben.

Già dal IV secolo intorno a San Pietro erano sorte scholae per assistere i pellegrini che arrivavano a Roma da tutta la cristianità̀. Questi insediamenti stranieri erano forniti di una chiesa, di un ospizio-ospedale e di un cimitero e potevano offrire accoglienza ai connazionali, intrattenendo rapporti con i loro paesi d’origine da cui ricevevano sussidi. Nel Duecento erano sorti, per esempio, una chiesa e un ospizio per la numerosa comunità̀ armena: per contribuire alle spese dell’erigendo ospizio fu offerto in dono dal suo copista il Lezionario del 1221 (in mostra).

Peraltro, alle porte di Roma, a Grottaferrata, nel 1004 san Nilo da Rossano aveva fondato un’abbazia di rito bizantino, ancora oggi attiva, che costituì lungo tutto il Medioevo un attivo polo di cultura bizantina. Testimonianza più rilevante della vita del fondatore è la Vita Nili, eseguita due decenni dopo la morte di Nilo (in mostra).

SEZIONE 9

SCORCI DI ROMA MEDIEVALE

IL COMUNE E LE TORRI DEI BARONES

Un cittadino, un pellegrino o un visitatore che percorreva le strade della Roma medievale aveva davanti agli occhi una città completa- mente diversa rispetto a quella attuale.
E non soltanto perché́ le varie trasformazioni che si sono sussegui- te dal Quattrocento fino al passato più̀ recente hanno creato una sovrapposizione architettonica unica al mondo, ma soprattutto perché́ hanno modificato o, purtroppo, cancellato delle preziose testimonianze monumentali. Prima tra tutte l’area compresa tra l’Ara Coeli e il Palazzo Senatorio, il Campidoglio, dove prima della risistemazione michelangiolesca della piazza si andavano a concentrare i poteri cittadini. Uguale sorte è spettata alle residenze fortificate del centro storico: le altissime “case-torri” che caratterizzavano lo
skyline dell’Urbe e grazie a cui le famiglie dei barones avevano il controllo di vaste zone della città.
Di esse resta ancora qualche imponente traccia isolata nel moderno impianto viario mentre, per conoscere l’aspetto delle strutture definitivamente perdute o manomesse, vengono in aiuto le viste e gli scorci che rappresentano una Roma ormai quasi del tutto scomparsa.

IL FIUME E LA CITTÀ

La fisionomia di Roma è sempre stata determinata dal Tevere e dai suoi affluenti, come l’Aniene, il cui passaggio da Nord a Sud ne ha profondamente condizionato il ritmo e la natura dei mutamenti urbani.

Se in un primo momento l’insalubrità̀ delle aree a valle permise l’insediamento stabile solo sulle cime collinari, con il tempo l’aumento demografico e il lento lavoro di bonifica delle zone limitrofe portarono ad estendere l’abitato fino alle sponde del fiume. Prima della costruzione dei grandi muraglioni, a protezione delle inondazioni che a fine Ottocento interessavano frequentemente il centro urbano, il Tevere era una via di comunicazione preferenziale sia per i trasporti di merci dall’entroterra verso la foce e in risalita da questa, sia per i passeggeri da un lato all’altro della città. Allo stesso tempo, le due rive erano dotate di moli d’attracco, magazzini, mulini e case che le rendevano tra i settori più̀ vivaci della vita urbana.

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SCHEDA INFO MOSTRA

Mostra

Dove

Roma medievale. Il volto perduto della città

Museo di Roma – Palazzo Braschi (Sale espositive del I piano)

Piazza Navona, 2; Piazza San Pantaleo, 10 – 00186 Roma

Quando

21 ottobre 2022 – 5 febbraio 2023

Orari

Biglietteria

Dal martedì alla domenica ore 10.00-19.00.

La biglietteria chiude alle ore 18.00. 24 e 31 dicembre 10.00-14.00

Giorni di chiusura: lunedì, 25 dicembre.

Biglietto “solo Mostra”

  • 11,00 biglietto intero;

  • 9,00 biglietto ridotto.

Biglietto “cumulativo” Museo di Roma + Mostra

  • 16,00 biglietto “cumulativo” intero per i residenti a Roma non possessori della “MIC Card”;

  • 12,00 biglietto “cumulativo” ridotto per i residenti a Roma non possessori della “MIC Card”;

  • 17,00 biglietto “cumulativo” intero per i non residenti a Roma;

  • 13,00 biglietto “cumulativo” ridotto per i non residenti a Roma;

  • 4,00 biglietto “solo Mostra” speciale scuola ad alunno (ingresso gratuito ad un docente accompagnatore ogni 10 alunni);

  • 22,00 biglietto “solo Mostra” speciale Famiglie (2 adulti più figli al di sotto dei 18 anni).

Ingresso con biglietto gratuito o ridotto per le categorie previste dalla tariffazione vigente.

Ingresso con biglietto gratuito al solo Museo di Roma per i possessori della “MIC Card”, i quali potranno, invece, accedere alla Mostra con l’acquisto del biglietto “solo Mostra” ridotto secondo la tariffazione sopra indicata.

Ingresso con biglietto ridotto per i possessori della “Roma Pass” 72 ore e 48 ore.

Promotori

In collaborazione con

A cura di

Progetto scientifico

Organizzazione

Info mostra

Roma Culture – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali

Sapienza Università di Roma – Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo

Anna Maria D’Achille, Marina Righetti

Marina Righetti

Zètema Progetto Cultura

060608 (tutti i giorni dalle 9.00 alle 19.00)

www.museodiroma.it; www.museiincomune.it; www.zetema.it.

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Testo e foto dall’Ufficio stampa Zètema Progetto Cultura

Dove i classici si incontrano. ClassiCult è una Testata Giornalistica registrata presso il Tribunale di Bari numero R.G. 5753/2018 – R.S. 17. Direttore Responsabile Domenico Saracino, Vice Direttrice Alessandra Randazzo. Gli articoli a nome di ClassiCult possono essere 1) articoli a più mani (in tal caso, i diversi autori sono indicati subito dopo il titolo); 2) comunicati stampa (in tal caso se ne indica provenienza e autore a fine articolo).

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