CHALLENGERS, film di Luca Guadagnino
Leggi qui la recensione di Andrea Martinelli (8 settembre 2024)
Leggi qui le informazioni ufficiali sul film
Al cinema dal 24 Aprile 2024
Challengers, film di Luca Guadagnino – Opzioni per lo streaming
Challengers, di Luca Guadagnino – Gioco, dunque sono
“Sai cos’è il tennis? Il tennis è una relazione”. Così recita Tashi Duncan (Zendaya) all’inizio del film. Challengers in questo è palese fin da subito. Stiamo sempre parlando di tennis? Ce lo chiediamo noi come i personaggi, a volte letteralmente. La risposta è: dipende. Sì, perché se è vero che lo sport viene utilizzato da Luca Guadagnino come metafora, come allegoria, per raccontare attraverso un triangolo amoroso la borghesia in tutte le sue contraddizioni e storture (in questo rimane forse, assieme a Sorrentino, l’unico regista italiano in grado di darne una lettura chiara e precisa), è altrettanto vero che il tennis è protagonista assoluto della pellicola.
Guadagnino coordina e unisce. La sua regia si focalizza su ogni singolo movimento, colpo, battito. Il corpo dei suoi attori, o forse sarebbe meglio dire atleti, è al centro di tutto, e tutto nel film richiama il tennis. Si contano sulle dita di una mano le scene in cui non viene nominato o non si gioca direttamente. Che sia “vero” tennis o meno non importa. Challengers è un gioco di incastri: ogni elemento è perfettamente asservito agli altri, complementare. Montaggio, sonoro, fotografia, costumi e, infine, regia: un amalgama perfetto che, in ogni istante, ci fa sentire come spettatori sugli spalti per la finale di Wimbledon.
A volte gli elementi cooperano, vanno nella stessa direzione. Altre volte invece si creano delle dissonanze, delle apparenti contraddizioni, che non fanno altro che aumentare l’eccitazione e il coinvolgimento. Pensiamo, ad esempio, alla scelta delle musiche che accompagnano il film, realizzate da Trent Reznor e Atticus Ross. Guadagnino ha avuto una intuizione geniale. Inserire la techno, un genere che si contraddistingue per il suo ritmo costante, il suo essere ordinato, schematico (anche ripetitivo se vogliamo), in una storia “caotica” come quella di Challengers non fa altro che rendere più potenti (e, perché no, erotiche) le immagini a schermo. Sì perché se la musica del duo premio Oscar (Soul, The Social Network) risulta, anche solo apparentemente, incompatibile con ciò che Guadagnino ci sta raccontando, l’esatto contrario è per ciò che Guadagnino ci sta facendo vedere.
La techno si sovrappone ai rumori del tennis, accompagnando le partite, in campo come fuori, alla perfezione. Diritto, rovescio, kick, hi-hat e basso: tutto è una cosa sola.
La sceneggiatura stessa, di Justin Kuritzkes (scrittore con il quale il regista deve essersi trovato bene vista la loro immediata ulteriore collaborazione per Queer, presentato all’81esima edizione del festival del cinema di Venezia), con i suoi continui salti temporali, avanti e indietro, non fa altro che ricordare una pallina che rimbalza da una parte all’altra del campo. Quel campo che, in Challengers, rappresenta la vita stessa, e che divide il film non in tre atti, bensì in tre set. Ma per rispondere al quesito iniziale, sì, ovviamente non si sta parlando di tennis in senso stretto, ma questo essere così palese nel suo intento è da intendersi come un assoluto pregio della pellicola, non un difetto. Da quando l’inaccessibilità è considerata come un vanto, per chi produce arte?
Purtroppo, nei nostri tempi, non sono in pochi a pensarla così. Guadagnino ci riporta coi piedi per terra. Ci insegna che si può essere stratificati, complessi, intriganti, enigmatici e, allo stesso tempo, intrattenenti, sensuali, eccitanti. In una parola? Pop. Ne esce un film carismatico ed elettrizzante, capace di stimolare e rinnovarsi a ogni successiva visione, in cui il tennis viene usato magistralmente come metafora dell’amore, del sesso, della vita.
L’articolo continua con elementi della trama. Per chi non desiderasse spoiler, consigliamo prima la visione del film.
Patrick Zweig (Josh O’Connor) e Art Donaldson (Mike Faist) sono due astri nascenti del tennis. Grandi amici ma anche rivali, in campo e fuori, hanno appena vinto il titolo di doppio junior per ragazzi all’US Open. Prima della finale in singolo, dove si sfideranno l’uno contro l’altro, il loro rapporto viene sconvolto dall’incontro con Tashi Duncan (Zendaya). Entrambi la vogliono, la desiderano, ma Challengers ribalta le carte fin da subito. L’oggetto del desiderio diventa soggetto. Nel primo incontro intimo tra i tre personaggi si nasconde tutto ciò che sarà il film. Tashi visita la camera dell’hotel dove si trovano i due ragazzi. Entra e si siede sul letto, al centro. Li chiama. I due si siedono al suo fianco. Cominciano le danze, ed è lei a coordinare. Ad amministrare. Una fusione di corpi fluida, ordinata, che lentamente lascia spazio a un bacio intimo quanto sensuale, potente, tra Patrick e Art, sotto gli occhi soddisfatti di colei che ha voluto tutto questo. Tashi Duncan, una moderna femme fatale. Per tutto il film li modella a suo piacimento, li sfrutta, mettendo in scena una battaglia che si combatte tanto sui campi di tennis quanto in camera da letto. Una battaglia di cui, beninteso, sono ben consapevoli anche gli stessi Patrick e Art. Una battaglia che lascerà in loro ben più di una cicatrice, modificandoli, alterandoli sia come atleti che, soprattutto, come individui. Guardando Challengers non si può fare a meno di pensare di essere di fronte a delle persone che non fanno altro che complicarsi la vita inutilmente, ed è esattamente così. Come già detto, Guadagnino è un maestro nel raccontare la borghesia contemporanea in tutte le sue storture: Challengers, in questo, è solo l’ultimo illustre esempio (già lo aveva fatto con Call Me By Your Name e Bones and All). E cosa rappresenta al meglio, in fondo, la borghesia di oggi, che la continua ricerca di stimoli, di sfide, di obbiettivi, spesso inutili? Siamo una generazione di “mai contenti”, proprio come i personaggi di Challengers. Di persone che fanno fatica a mettersi a fuoco.
E a proposito di fuoco e del suo opposto, il ghiaccio, questa è proprio la metafora con cui ci vengono presentati i due personaggi maschili. Una metafora che ricorrerà per tutto il film e all’interno della quale si nasconde perfettamente ciò che abbiamo raccontato in precedenza, ovvero quanto Challengers sia organico, studiato, frutto di una visione precisa. Guadagnino, prima di mettersi a girare, aveva ben chiaro cosa e come voleva raccontare. Questo è ciò che distingue i bravi dai grandi. A una rapida interpretazione, figlia della prima visione del film, potrebbe sembrare semplice: Patrick, passionale, ribelle, egocentrico, è fuoco, mentre Art, schivo, timido, riservato, quadrato, è ghiaccio. Guardando però la pellicola più volte l’occhio non può fare a meno di cadere su tutta una serie di particolari che ci regalano una visione più sfumata, dai contorni più volubili e cangianti. Challengers è un film in cui i personaggi, attraverso questa relazione distorta e grottesca, cambiano, mutano. Torniamo all’inizio e cerchiamo di inquadrare per bene Patrick e Art. Il primo è un ragazzo sicuro di sé, spavaldo, deciso. È decisamente più maturo dell’età che dimostra. Patrick è ghiaccio. Art al contrario è più volubile, impacciato e anche irascibile. In una parola: un adolescente. Art è fuoco. Non è un caso che nella prima parte del film sia il blu ad abbondare ovunque, tranne che sui vestiti di quest’ultimo. Anche Tashi stessa veste di blu. E infatti è il blu, il ghiaccio, ad aggiudicarsi il primo set: Patrick vince il torneo e, cosa più importante, il cuore della ragazza. O così lui crede. La storia poi evolve, e per storia intendo la relazione a tre. La coppia, durante gli anni del college, mostra più di una difficoltà, e Art prova ad approfittarne. Patrick è troppo sicuro di sé, delle sue capacità, sia come giocatore che come seduttore, per preoccuparsi che le cose possano andare storto. Il blu lascia così spazio al rosso sul grande schermo, fino al momento in cui si sancisce definitivamente il vincitore. Il secondo set va ad Art, che finirà non solo per diventare un grande tennista, al contrario dell’amico, ma anche per sposare Tashi. Il terzo set si giocherà diversi anni dopo, con addosso i segni di questa battaglia, che ha finito per cambiarli radicalmente: Art è diventato ghiaccio, e Patrick è diventato fuoco (notare i colori delle loro divise nell’incontro “finale”). Lo vediamo dai loro atteggiamenti, da ciò che dicono, da come si è evoluta la loro vita. Tutto questo fino al match finale, che vale molto di più di un semplice ATP Challenger. Si giocano tutto: è l’ultima chance per dimostrare chi è il migliore, sempre con lei, Tashi Duncan, a osservare dall’alto. Per lei Patrick e Art non sono altro che un mezzo, un feticcio in cui incanalare un talento che, in seguito al grande infortunio subito al college, non può più essere scatenato nel rettangolo da gioco.
È per questo che trasforma la relazione tra Patrick e Art in un match di tennis continuo, fuori come dentro dal campo. Li sfrutta per i propri scopi. Il primo per soddisfare i desideri più intimi, carnali. Il secondo per costruirsi una famiglia e quell’impero personale che, in linea di principio, avrebbe dovuto essere solamente suo. Ma soprattutto le servono per soddisfare ciò che è il suo vero bisogno primario: vedere del buon tennis. Sì, perché il tennis, come detto in principio, altro non è che una relazione, ed è questo il punto di Challengers. Tashi Duncan, alla fine, è un corpo estraneo. La vera relazione messa alla prova, portata al limite, è quella tra Patrick e Art, che più volte si spinge ben oltre il confine di una semplice amicizia di lunga data. Tutto il film è sensuale, erotico, ma le scene più forti in tal senso sono, senza dubbio alcuno, quelle in cui Zendaya è fuori dall’inquadratura. Anche una semplice merenda a base di churros può diventare una miccia sessuale pronta ad accendersi, non serve necessariamente arrivare a mettere entrambi i protagonisti maschili in una sauna con un asciugamano a coprire (o no) le parti intime. In questo O’Connor e Faist sono stati fenomenali: entrambi sono riusciti a calarsi perfettamente nella parte, nella mente e nel corpo di due personaggi cangianti, fluidi, così diversi eppure così affini. A completare il triangolo una Zendaya in stato di grazia. A oggi questa è di gran lunga la sua performance migliore: le sue espressioni, il suo tono di voce, la sua presenza (e assenza) scenica: tutto è perfetto. Magnetica, sensuale, erotica: quando è sullo schermo è sempre al centro dell’attenzione, nostra come dei due protagonisti. Con Challengers si consacra definitivamente, mettendo a tacere tutti coloro che dopo i due film con Villeneuve continuavano a nutrire dei dubbi sulle sue capacità attoriali.
Dritto e rovescio, avanti e indietro. In Challengers il gioco diventa vita, perché vivere in fondo significa gareggiare. Una gara in cui si cerca disperatamente di dimostrare, prima di tutto a noi stessi, di essere dalla parte del giusto che, nei nostri tempi (ma non solo in fondo), significa essere i migliori. Significa vincere. Cercare un senso dietro a tutto questo? Inutile e pretenzioso: le relazioni umane sono troppo complesse. La semplice verità è che giochiamo per sentirci vivi, e viviamo per giocare. Challengers funziona perché incarna tutto questo. Challengers funziona perché ci fa sentire vivi.
Dal visionario regista Luca Guadagnino arriva Challengers, con protagonista Zendaya nel ruolo di Tashi Duncan, un’ex prodigio del tennis diventata allenatrice: una forza della natura che non ammette errori, sia dentro che fuori dal campo.
Sposata con un fuoriclasse reduce da una serie di sconfitte (Mike Faist – West Side Story), la strategia di Tashi per la redenzione del marito prende una piega sorprendente quando quest’ultimo deve affrontare sul campo l’oramai rovinato Patrick (Josh O’Connor – The Crown), un tempo suo migliore amico ed ex fidanzato di Tashi.
Mentre il loro passato e il loro presente si scontrano e la tensione sale, Tashi dovrà chiedersi quale è il prezzo della vittoria.
Nei cinema prossimamente, dal 25 aprile 2024.
AMAZON MGM presenta
una produzione WHY ARE YOU ACTING? / FRENESY FILMS / PASCAL PICTURES
un film di LUCA GUADAGNINO
con ZENDAYA, JOSH O’CONNOR, MIKE FAIST
Prodotto da AMY PASCAL, LUCA GUADAGNINO, ZENDAYA e RACHEL O’CONNOR
Produttori esecutivi BERNARD BELLEW, LORENZO MIELI e KEVIN ULRICH
Sceneggiatura di JUSTIN KURITZKES
Regia di LUCA GUADAGNINO
Casting FRANCINE MAISLER, CSA
Supervisore musicale ROBIN URDANG
Musiche di TRENT REZNOR & ATTICUS ROSS
Montaggio di MARCO COSTA
Scenografie di MERISSA LOMBARDO
Direttore della Fotografia SAYOMBHU MUKDEEPROM
Produttori esecutivi BERNARD BELLEW, LORENZO MIELI e KEVIN ULRICH
Prodotto da AMY PASCAL, LUCA GUADAGNINO, ZENDAYA e RACHEL O’CONNOR
Sceneggiatura di JUSTIN KURITZKES
Diretto da LUCA GUADAGNINO
Al cinema dal 24 Aprile 2024
Distribuito da WARNER BROS. PICTURES
CHALLENGERS, il nuovo film del visionario regista Luca Guadagnino, arriva in Home Video il 16 luglio in versione DVD e Blu-Ray® per Warner Bros. Home Entertainment
Acclamato da critica e pubblico, e reduce da un successo globale al box-office, il film vanta un cast stellare con protagonisti Zendaya, Josh O’Connor e Mike Faist
‘Challengers’, il nuovo film del regista Luca Guadagnino, sarà disponibile a partire dal 16 luglio 2024 in DVD e Blu-ray® per Warner Bros. Home Entertainment. Acclamato da critica e pubblico, e reduce da un successo globale al box-office con incassi da record in tutto il mondo, il film vanta un cast stellare.
SPECIFICHE TECNICHE
Uscita DVD e Blu-ray®: 16 luglio 2024
Lingue
- DVD: Italiano, Inglese, Francese, Spagnolo
- Blu-ray®: Italiano, Francese, Spagnolo
Sottotitoli DVD e Blu-ray: Francese, Spagnolo. Non udenti: Italiano, Inglese
Durata:
- DVD: 125 minuti
- Blu-Ray: 131 minuti
Valutazione: 6+
Audio DVD e Blu-ray: Dolby Digital 5.1
PRODOTTO PREZZO
Blu-ray €19,99€
DVD €16,99€
Comunicazioni ufficiali, video e immagini dagli Uffici Stampa Warner Bros. Pictures e Studio Sottocorno. Aggiornato il 23 febbraio, il 10 aprile e il 4 luglio 2024.