Demostene nell’orazione Contro Midia fa riferimento a una legge che stabilisce di presentare le denunce preliminari sugli agoni delle Dionisie[1] il giorno dopo le Pandie, durante l’assemblea indetta dai pritani:

Τοὺς πρυτάνεις ποιεῖν ἐκκλησίαν ἐν Διονύσου τῇ ὑστεραίᾳ τῶν Πανδίων. ἐν δὲ ταύτῃ χρηματίζειν πρῶτον μὲν περὶ ἱερῶν, ἔπειτα τὰς προβολὰς παραδιδότωσαν τὰς γεγενημένας ἕνεκα τῆς πομπῆς ἢ τῶν ἀγώνων τῶν ἐν τοῖς Διονυσίοις, ὅσαι ἂν μὴ ἐκτετισμέναι ὦσιν.”

(“I pritani convochino l’assemblea nel teatro di Dioniso il giorno dopo le Pandie. In quest’assemblea dapprima essi si occupino del culto, poi presentino le denunce preliminari relative alla processione o agli agoni delle Dionisie, tutte quelle per cui non sia stato pagato un risarcimento”).[2]

Viene da chiedersi cosa siano le Pandie, sicuramente una tra le festività meno note della vita politica ateniese, che sicuramente erano celebrate ancora nel IV secolo, come suggerisce il testo demostenico. Una prima esauriente risposta viene data negli scholia al testo di Demostene, in particolare in merito all’espressione ἐν Διονύσου μετὰ τὰ Πάνδια. Si spiega infatti che il genitivo Διονύσου si riferisce al teatro di Dioniso, collocato sull’Acropoli, mentre per le Pandie ci sono opinioni discordanti: per alcuni erano una celebrazione in onore di Zeus, per altri Pandia era uno dei nomi con cui veniva chiamata Selene, la Luna. Si aggiunge poi, riferendosi forse al giorno in cui si svolgeva tale festività, che era possibile vedere il Sole solo di giorno, mentre la Luna sia di giorno che di notte. Da questo testo apprendiamo infine che le Pandie erano celebrate dopo le Grandi Dionisie, dunque nel mese di Elafebolione[3], nel teatro di Dioniso, e questo perché Selene sarebbe stata sorella o madre di Dioniso.[4]

Pandie
Teatro di Dioniso, Atene. Foto di BishkekRocks, in pubblico dominio

Oltre a Demostene e agli scoli della sua orazione, tuttavia, sono poche le attestazioni che abbiamo su questa festività. All’infuori di due iscrizioni del IV sec. a.C. trovate in Attica (IG II² 1140, 5 e IG II² 1172), le uniche testimonianze provengono infatti da autori tardi quali Arpocrazione, Teodoreto di Cirro, Esichio e Fozio. Per quanto riguarda Arpocrazione, costui cita le Pandie nel Lessico dei dieci oratori, limitandosi a dare una definizione che non dice nulla di nuovo rispetto al testo e agli scoli del Contro Midia di Demostene: Πάνδια· ἑορτή τις Ἀθήνησι μετὰ τὰ Διονύσια ἀγομένη (“Pandie: una festa celebrata ad Atene dopo le Dionisie”).[5] Anche Teodoreto di Cirro non sembra aggiungere niente che già non sappiamo, in quanto menziona le Pandie solo di passaggio parlando di alcune festività in onore degli dei e dicendo che le Πάνδια e le Διάσια erano rivolte a Zeus.[6] Esichio allo stesso modo evidenzia semplicemente che questa festa si svolgeva ad Atene, definendola con la variante Πάνδεια.[7] È invece Fozio, nel Lexicon, a offrire maggiori elementi, contribuendo a far luce sulle origini delle Pandie e sul loro legame con Zeus. Sotto la voce Πάνδια (1) possiamo infatti leggere:

Πάνδια: ἑορτή τις· ἀπὸ Πανδίας τῆς Σελήνης· ἢ ἀπὸ Πανδίονος, οὗ ἐστὶ καὶ φυλὴ ἐπώνυμος· ἄγεται δὲ αὕτη τῶι Διί· ἐπονομασθεῖσα ἴσως οὕτως ἀπὸ τοῦ πάντα δεῖν θύειν τῶι Διί. (“Pandie: una festa; dal nome di Pandia, figlia di Selene, oppure da Pandione, dal quale deriva l’omonima tribù; è celebrata in onore di Zeus ed è chiamata così per il fatto che bisogna sacrificare ogni cosa a questa divinità”).[8]

Le Pandie, dal punto di vista del nome, sono qui ricondotte a due figure. La prima di queste è Pandia, riconosciuta come figlia di Selene: il suo nome in origine era forse un epiteto per indicare la stessa Selene[9] che, unitasi a Zeus, avrebbe generato per l’appunto Pandia.[10] Il secondo personaggio citato da Fozio è Pandione, antico re di Atene che secondo lo Pseudo-Apollodoro avrebbe sposato la zia Zeusippe, generando Procne, Filomela, Bute ed Eretteo; quest’ultimo, dopo la morte del padre, sarebbe diventato re di Atene e da lui deriverebbe la denominazione dell’ Ἐρέχθειον sull’Acropoli di Atene.[11] Infine, dopo aver fatto dato una spiegazione delle Pandie dal punto di vista mitologico, Fozio spiega che questa festa avrebbe avuto il nome di Πάνδια per via dei sacrifici offerti a Zeus, al quale era offerta in sacrificio ogni cosa, πάντα.

Statua di Selene, IV sec. a.C. Conservata presso i Musei Capitolini (Roma). Foto di Francesco Bini, CC BY 3.0

Queste sono le uniche testimonianze in nostro possesso sulle Pandie, che pur essendo quasi sconosciute hanno suscitato l’interesse di vari studiosi. Hermann e Welker sostengono la connessione di questa celebrazione con Zeus; Mommsen e Preller, al contrario, hanno ipotizzato che le Pandie fossero in onore di Pandia o di Artemide, associate alla Luna, e che per questo si svolgessero durante la fase di luna piena; infine, Robertson, pur riconoscendo il legame di questa festività con Zeus, almeno per quanto concerne il nome, sottolinea come il suo vero significato sia quello di Rites of the all-bright sky, in relazione alla prima luna piena durante la stagione primaverile.[12] Purtroppo, essendo così poche le testimonianze su questa festa, non possiamo avere una visione completa a riguardo e forse non sapremo mai se fosse effettivamente legata a Zeus o alla Luna. Questo breve articolo, dunque, è solo un punto di partenza, con la speranza di trovare, in futuro, altre attestazioni che chiariscano maggiormente il significato delle Pandie e il loro svolgimento, nonché il loro contesto nella vita politica ateniese del IV secolo.

 

Bibliografia

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[1] Si intendono le Grandi Dionisie, durante le quali erano rappresentate tragedie, commedie e cori ditirambici.

[2] Demostene, Contro Midia, 8-9; per la traduzione del passo si faccia riferimento a Canfora 2000, vol. II, p. 33. In quest’orazione Demostene si rivolge a Midia, che lo aveva schiaffeggiato in pubblico quando era corego agli agoni teatrali delle Grandi Dionisie.

[3] È discussa la data precisa delle Pandie: Cook ha ipotizzato che si svolgessero nel quattordicesimo giorno del mese di Elafebolione come atto conclusivo della celebrazione delle Grandi Dionisie, ma oggi si tende a collocarle nel sedicesimo o diciassettesimo giorno del medesimo mese. Cfr. Cook 1914-1940, p. 733; Harris 2008, p. 90; Canevaro 2013, p. 213.

[4] Potrebbe esserci qui una confusione tra Selene e Semele, che effettivamente era ritenuta la madre di Dioniso come si legge nelle Dionisiache di Nonno di Panopoli e nella Biblioteca dello Pseudo-Apollodoro. Per lo scolio si veda M.R. Dilts (a cura di), Scholia Demosthenica, orazione 21, sezione 39a.

[5] Arpocrazione, Lexicon, Πάνδια. Le stesse parole si ritrovano in Suda π 373.

[6] Teodoreto di Cirro, Graecarum affectionum curatio, VIII, 10, 2.

[7] Esichio, Lexicon, πάνδεια.

[8] Fozio, Lexicon, Πάνδια (1). Nella seconda voce dedicata a Pandia, invece, si riportano le stesse informazioni che troviamo in Arpocrazione.

[9] W.H. Roscher, Über Selene und verwandtes, Lepizig 1890, p. 100.

[10] Su Pandia, cfr. H. Treidler, Pandia, in RE Pauly-Wissowa, Band XVIII.3, Stuttgart 1949, pp. 510-511. Si veda anche Igino, Fabulae, pref., in cui si racconta come Pandia, secondo la versione latina del mito, fosse figlia di Giove e Luna.

[11] Apollodoro, Bibliotheca, III, 14, 7; III, 15, 1. In generale su Pandione, cfr. E. Kearns, s.v. Pandion, in The Oxford Classical Dictionary, vol. II, Oxford 20124, p. 1073.

[12] W. Smith, Pandia, A Dictionary of Greek and Roman Antiquities 1890, p. 333; Mommsen 1864, p. 61; Preller 1894, p. 347; Robertson 1996, p. 75, nota 109.

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