Gli Agnelli possono pascolare in pace, scritto e diretto da Beppe Cino

con Maria Grazia Cucinotta e Massimo Venturiello

in concorso al BiF&st 2024

al cinema dal 21 marzo in anteprima nazionale Puglia dall’11 aprile 2024 in tutta Italia

GIRATO IN PUGLIA, A MOLFETTA, “GLI AGNELLI POSSONO PASCOLARE IN PACE” È PRODOTTO DRAKA PRODUCTION, CON IL SOSTEGNO DI APULIA FILM COMMISSION E REGIONE PUGLIA

 

trailer: https://youtu.be/YmZxTbbIkQ4

Gli agnelli possono pascolare in pace
la locandina del film

La commedia d’autore Gli agnelli possono pascolare in pace, il nuovo film scritto e diretto da Beppe Cinoin concorso al Bif&st Bari International Film & Tv Festival 2024 nella sezione competitiva Italia FilmFest 2024/Nuovo cinema italiano, uscirà nelle sale pugliesi in anteprima nazionale il 21 marzo e arriverà in tutte le sale italiane l’11 aprile 2024.

L’opera, che mescola al genere della commedia, la linea narrativa drammatica e le suggestioni del realismo magico, sarà presentato in anteprima mondiale il 20 marzo al Teatro Piccinni di Barialle ore 18:30alla presenza del cast, del regista e del produttore della Draka Corrado Azzollini (presentazione in replica il 21 marzo alle ore 16:00 al Teatro Piccinni).

Prodotto dalla Draka Production di Corrado Azzollini, con il contributo della Apulia Film Commission e distribuito dalla Draka Distribution, il film è stato girato interamente in Puglia, a Molfetta e vede, accanto ai protagonisti Maria Grazia Cucinotta, nel ruolo di Alfonsina e Massimo Venturiello nel ruolo del fratello SaverioTiziana SchiavarelliUmberto SardellaRossella LeoneDante MarmoneValentina Gadaleta.

La storia ci porta in Puglia, dove la Madonna del paese appare in sogno ad Alfonsina Milletarì; la Madonna parla con accento straniero e chiede aiuto perché sepolta sotto un albero di carrube. Alfonsina si rivolge al fratello Saverio ma l’albero è al confine con il terreno dei Malavasi e tra le due famiglie i rapporti sono tesi da tempo. Dopo tanto scavare, alla fine una Madonna in frantumi tornerà alla luce, insieme ad una sconvolgente confessione.

“È un film che affronta una tematica urgente del nostro presente – dichiara il regista Beppe Cino – il tema del confine, su cui si scontrano tutti i popoli di ogni razza e da sempre. Il titolo è ispirato alla sonata di Bach 208 “Le pecore possono pascolare in pace” ed è diventato Gli agnelli possono pascolare in pace a sottolineare come le vittime sacrificali per antonomasia possano crescere e trovare l’opportunità di un nuovo equilibrio”.

È una storia che mi ha subito conquistato  – dichiara il produttore Corrado Azzollini –  che ha la caratterizzazione dei luoghi del nostro amato Sud, dove è ambientata, ma che li travalica per divenire riflessione universale, poetica, lucida e a suo modo anche leggera sul limite rappresentato dal concetto di confine, sia esso territoriale, sociale o culturale.

L’opera ha rappresentato un ritorno sul set diretto da Beppe Cino per entrambi gli interpreti protagonisti che dichiarano: “Sono stata davvero felice di tornare a lavorare con Beppe, regista e poeta visionario che riesce a trasformare tutto in magia, senza rinunciare a messaggi precisi e forti” ( Maria Grazia Cucinotta).

“Con Beppe ho lavorato altre volte, avevo tanti riferimenti interiori per questo ruolo. Lui affronta nel modo migliore le tematiche importanti, senza pesantezza, con una leggerezza che le rende immediate e godibili” (Massimo Venturiello).


Note di regia

«Un giallo metafisico teso al superamento di una cultura ossessionata dal feticcio della proprietà e del confine. Una quête dove la potente leva del sacro porta alla luce antichi misfatti per descrivere un presente succube di pregiudizi che individuano nell’altro, nello straniero, un nemico. Un racconto morale che fa ricorso al realismo magico per affermare che davvero si può cambiare qualcosa. Perché da sempre è il cambiamento la logica profonda di ogni storia».
(Beppe Cino)

«Tutto il cinema di Beppe Cino è una lunga meditazione antropologica che si muove tra le istanze di un’evoluzione permanente e la dimensione più intima della psicoanalisi, un cinema spirituale che affonda la sua ricerca dentro le vedute del mondo reale. Non si balocca col genere ma analizza i registri della realtà esistente, shakespearianamente: “le ultime sillabe del tempo ricordato”.

Beppe Cino si pone la domanda fondamentale che tutto il cinema ha oramai abbandonato, esiliato: “cosa ci rende umani?” Il dialogo col sacro risponde alla domanda sulla dimensione umana e ci mostra, d’un colpo, tutti i contrasti e, nel sospezzarli, li ricompone. Il regista compone quindi un “film poema” che si squarcia in stanze cariche di simboli ed ecco, allora, che fin dal titolo tutto è cardine, stelo e argine. Dietro il lavoro del regista c’è la consapevolezza che la cultura occidentale, l’occidente è in profonda crisi, non in quanto luogo, ma, piuttosto, come concetto adamantino della scienza della logica.

Beppe Cino vede il sacro, la religiosità come un “necesse est”: la protagonista è animata dalla curiosità e non dall’obbligo di un amore di parte, di fede. Il discorso si fa, da subito, denso: la visione mistico-profetica arriva a cogliere l’animale liberato dalle sovrastrutture. Il percorso iniziatico ricorda la visione francescana ove Dio fa presente a Francesco che avrà il compito di ricostruire la chiesa. Per Francesco quel messaggio si riferisce alla Porziuncola di Assisi, la consapevolezza che il Creatore sta parlando di tutta la chiesa cristiana arriverà successivamente. Allo stesso modo la bidella di una piccola comunità ha la visione della Vergine Maria che le dice di liberarla: la donna interpreta alla lettera (francescanamente) il messaggio della Madonna e, nel far questo, innescando una serie di eventi che portano lei e gli altri verso la reconciliazione. Beppe Cino pensa a tale concetto in senso universale. In un momento di nuove schiavitù, di totale crisi dei valori, il nostro autore rimette in ordine l’equazione esoterica che ha sostituito Dio col denaro, e la riscrive nel senso esoterico di un nuovo dialogo col sacro che abolisca “l’homohominilupus” in una dimensione che superi ed abbatta, per sempre, l’idea di confine o di razza. Nessun riferimento è fatto a caso: tutto è messo sotto gli occhi dello spettatore quasi a svelare il mito del significato. Laddove il film appare di così calici covi è il desiderio, da parte di Beppe Cino, di porsi in un atteggiamento definitivo e chiarificatore attraverso un linguaggio immediatamente decidibile che è quello della commedia elisabettiana, commedia che ci prepara a comprendere il midollo stesso della vita: la condizione umana. Ecco perché il popolo ha la mappa per orientarsi e, di contro, nobili e baroni sono figure di cera. Il regista non assolve nessuno, manco si pone a giudice. Non vuole essere un film consolatorio ma una pietra miliare che ci mostri quanto strada abbiamo ancora da compiere”.
(Prof. Riccardo Bernini – Università di Urbino)

 

Testo e immagini dagli Uffici Stampa 361 Comunicazione e Apulia Film Commission. Aggiornato il 10 aprile 2024.

Dove i classici si incontrano. ClassiCult è una Testata Giornalistica registrata presso il Tribunale di Bari numero R.G. 5753/2018 – R.S. 17. Direttore Responsabile Domenico Saracino, Vice Direttrice Alessandra Randazzo. Gli articoli a nome di ClassiCult possono essere 1) articoli a più mani (in tal caso, i diversi autori sono indicati subito dopo il titolo); 2) comunicati stampa (in tal caso se ne indica provenienza e autore a fine articolo).

Write A Comment

Pin It