Benedetta Tobagi, La Resistenza delle donne | Chi vogliamo essere nella vita e nella storia?

La Resistenza fu per le donne ciò che fu per gli uomini. Una presa di coscienza rispetto ai propri valori. Ma, per le donne, accanto alle istanze politiche, c’era altro per cui combattere: il proprio diritto ad esistere come individui. Mentre violavano il coprifuoco o nascondevano un’arma, non sfidavano solo le imposizioni di un regime, ma anche il sistema che da sempre le relegava a membri passivi della società. La Resistenza delle donne di Benedetta Tobagi, mentre racconta la lotta di queste donne, tenta di essere soprattutto una richiesta di presa di coscienza civile. Ci chiede di riconoscere la continua domanda che la storia ci pone su chi vogliamo essere. Ci chiede di riconoscere che questo desiderio deve fare i conti con chi siamo nel segreto di noi stesse. Che le due cose non possono essere in contrasto tra loro. E che dobbiamo essere pronte a rispondere.

Benedetta Tobagi La resistenza delle donne
Il saggio La resistenza delle donne, di Benedetta Tobagi, pubblicato da Giulio Einaudi Editore (2022) nella collana Frontiere. Foto di Sofia Fiorini

La Resistenza delle donne

L’inchiesta di Tobagi parte da questo assunto: la Resistenza fu, per partecipazione, il più importante punto nevralgico nella storia delle donne italiane. Ma quale fu l’elemento che caratterizzò, in quel particolare periodo storico, l’esperienza femminile? Cosa fece della Resistenza, la Resistenza delle donne?

Sulle ragazze non grava lo spettro della coscrizione obbligatoria, non devono nascondersi per sfuggire alla scelta impossibile tra essere arruolati coi nazifascisti o finire nei campi di prigionia. Non c’è nulla che le obblighi alla clandestinità, da cui più breve è il passo verso la Resistenza. Nulla preme a forzare la loro scelta. Potrebbero restare alla finestra, in attesa che la tempesta finisca.1

Suggerisce l’autrice, ciò che connotò le loro esperienze fu la matrice comune della libertà di scelta. Il loro impegno nella causa della Resistenza è, dunque, sempre “una scelta di coraggio e gratuità assoluta”2. Una gratuità che era ovviamente il frutto di un profondissimo divario di genere. La ragione per cui non erano costrette a prendere posizione, a differenza dei loro compagni uomini, consisteva nel fatto che la società in cui vivevano non le considerava cittadine al pari loro. Stavano scontando una discriminazione antica quanto l’Occidente, la stessa che nel mondo greco delle poleis chiamava gli uomini polites (cittadini) e le donne aste (abitanti). Da loro non ci si aspettava qualcosa politicamente, perché, politicamente, non erano qualcosa. In questa luce, la loro partecipazione, così copiosa e variegata, porta ancora, nel resoconto postumo, la sfida della provocazione, oltre che l’ardimento della lotta.

Foto di Sofia Fiorini

Resistenza, resistenze

Durante la Resistenza, donne di ogni estrazione sociale sono entrate in scena, per la prima volta così numerose, da protagoniste. I modi della loro partecipazione erano tanto disparati quanti erano i loro volti – di cui il volume di Tobagi dà conto ampiamente, grazie al ricco apparato fotografico -, le loro attitudini, i loro talenti. Per la prima volta, l’impegno nella Resistenza le rendeva coinvolte attivamente in una causa civile al pari dell’altro sesso. E il loro ruolo non si limitava alla figura della staffetta – la messaggera clandestina che rappresenta il più classico ricordo della Resistenza delle donne nell’immaginario collettivo. Oltre che messaggere o infermiere, le donne furono combattenti, fecero parte delle bande partigiane. Donne come Elsa Oliva, che “aveva voluto le armi a tutti i costi”, o Laura Polizzi, che “aveva accettato di buon grado di portarle”3. Ma c’era anche chi, tra loro, come Teresa Vergalli, era “riuscita a farsi tutta la guerra senza toccare un’arma”4. O chi, come Lidia Brisca Menapace, staffetta di Novara, di fronte alla proposta di addestramento per l’uso delle armi, aveva ascoltato la voce di una coscienza che diceva: “non voglio imparare, non voglio imparare perché sono sicura che non sarei mai capace e non vorrei imparare ad essere capace di sparare nella pancia di nessuno”5.

Ciò che le aveva accomunate tutte, invece, era – a conti fatti – la “tristezza della Liberazione”. La Resistenza era stata una porta del tempo in cui le istanze e i desideri di migliaia di donne avevano trovato asilo, una sospensione delle norme consuete di fronte a una condizione di eccezionalità e necessità. Quando quella porta si era richiusa, pericolosamente, tutto aveva rischiato di ritornare come prima, di lasciare al di là della norma quelle libertà che si erano fatte largo attraverso lo spiraglio. Qualcosa, nel tempo a venire, sarebbe davvero cambiato in meglio: ma, nei tormenti della vita di ogni giorno, le donne sopravvissute a quelle donne possono testimoniare che, al di qua della Liberazione, c’è una resistenza che è ancora e continuamente da compiersi.

Il diritto alla voce: una questione non solo privata

La Resistenza delle donne si presenta, prima di tutto, come un libro di storie: nelle pagine di Tobagi si svelano e affastellano esperienze dirette di centinaia di nomi, di volti, di donne. Si tratta di un atto di restituzione della voce. La mano di Tobagi scosta la tenda e rivela ciò che è stato tenuto nell’ombra, perché “di secondaria importanza”, “fuori dalla scia principale degli eventi”, minore, modesto, misero – in ultima istanza, vissuto da una donna. Tobagi compie un lavoro di ricerca storica minuziosissimo, e lo restituisce al lettore con maestria narrativa.

Benedetta Tobagi
Benedetta Tobagi (2013). Foto Flickr di Martina Zaninelli, CC BY-SA 2.0

In una diversa prospettiva, ma forse partendo da un’ispirazione comune, si colloca il lavoro di Carolina Capria, autrice e divulgatrice femminista. Attivista e creatrice di @lhascrittounafemmina, ha recentemente dato voce a centinaia di resoconti di violenze subìte da donne.
Qualcosa di simile a un grande sportello di ascolto collettivo è nato spontaneamente nell’agosto 2023, dopo alcune considerazioni di Capria intorno a femminicidi e violenze di genere perpetrate nell’estate appena trascorsa. Migliaia di donne hanno reagito a una considerazione di Capria – che metteva in dubbio l’esistenza stessa di donne che non avessero mai subito violenze – dando voce alle proprie testimonianze dirette di abuso di genere. La sua pagina si è fatta allora asilo di queste voci, condividendone i messaggi in forma anonima. Tra le strutture da decostruire per minare la discriminazione, ricorda su @lhascrittounafemmina, c’è lo svilimento della voce femminile che, puntualmente, viene zittita, minimizzata o svalutata. Ascoltare le donne, credere loro, dare credito ai loro racconti, non è ultima per importanza tra le necessità di cambiamento. In questo senso, la letteratura non sarà l’ultima delle nostre risorse per cambiare il mondo che abbiamo ereditato.

Forse anche a questo pensava Tobagi quando ha dedicato il Premio Campiello 2023 assegnato al suo volume “a tutte le donne che resistono, che non hanno voce e che spero possano trovarla nei libri”.

Benedetta Tobagi La resistenza delle donne
Il saggio La resistenza delle donne, di Benedetta Tobagi, pubblicato da Giulio Einaudi Editore (2022) nella collana Frontiere

Note: 

1 Benedetta Tobagi, La Resistenza delle donne, Torino, Einaudi, 2022, p. 49.

2 Ivi, p. 50.

3 Ivi, pp. 146-8.

4 Ivi, p. 148.

5 Ivi, p. 148.

Il libro recensito è stato cortesemente fornito dalla casa editrice.

Sofia Fiorini (Rimini, 1995) è scrittrice e insegnante. In poesia ha pubblicato “La logica del merito” (Interno Poesia, 2017) - premiato dal Premio Violani Landi e dal Premio Prato, recentemente ripubblicato come "La logica del merito e nuove poesie" (Interno Poesia, 2023) - e “La perla di Minerva” (La Noce d’Oro, 2023). Ha tradotto l’antologia italiana delle poesie di Ralph Waldo Emerson “Il cervello di fuoco” (La Noce d’Oro, 2022) e ha collaborato a curare l'antologia “Costellazione parallela. Poetesse italiane del Novecento” (Vallecchi, 2023).

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