Dai mattoni in argilla mesopotamici una datazione assoluta grazie all’archeomagnetismo; lo studio pubblicato su PNAS permette di rilevare anche l’“Anomalia geomagnetica levantina dell’Età del Ferro”.

Spesso capita che diverse discipline scientifiche collaborino, ma non sempre capita che i vantaggi per una siano altrettanto importanti per l’altra. Una nuova ricerca, pubblicata sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), potrebbe invece avere ripercussioni molto importanti, sia per materie come Storia ed Archeologia, che per le Scienze della terra.

Lo studio descrive come i cambiamenti nel campo magnetico terrestre restino impressi sui grani di ossido di ferro all’interno di questi mattoni in argilla mesopotamici, sui quali sono iscritti i  nomi dei sovrani. Gli studiosi sono stati così in grado di ricostruire questi cambiamenti, proprio a partire dalle iscrizioni dei sovrani nei mattoni.
Nel dimostrare la possibilità di utilizzare questo strumento dal notevole potenziale, gli autori della ricerca hanno proposto un nome per indicarlo: archeomagnetismo.

Il meccanismo alla base dell’archeomagnetismo

Il campo geomagnetico si indebolisce e si rafforza nel tempo, con cambiamenti che lasciano una firma distinguibile sui minerali ad alta temperatura, che sono più sensibili al campo magnetico. Il team di ricerca ha analizzato la firma magnetica latente nei grani di ossido di ferro da 32 mattoni di argilla provenienti da siti archeologici in tutta la Mesopotamia. La forza del campo magnetico fu impressa nei minerali – migliaia di anni fa – in fase di cottura.
Al tempo della realizzazione, ogni mattone recava l’iscrizione del nome del sovrano regnante, che è già datato dagli studiosi, talvolta con una variabilità nel possibile arco di tempo.

Per misurare i grani di ossido di ferro, il team di ricerca ha scheggiato – con grande cautela – minuscoli frammenti dalle facce danneggiate dei mattoni e ha utilizzato un magnetometro per misurarle con precisione. Segnando i cambiamenti nel campo magnetico terrestre nel tempo, questi dati offrono anche agli archeologi un nuovo strumento per datare alcuni manufatti antichi.

 

Le possibili applicazioni dell’archeomagnetismo

Come si anticipava, le conseguenze della scoperta sono duplici, sia per Storia e Archeologia, che per le Scienze della terra.

Come spiega il professor Mark Altaweel dell’UCL, spesso dipendiamo da metodi di datazione come il radiocarbonio per ricavare un senso cronologico nell’antica Mesopotamia; tuttavia, alcuni reperti, come appunto mattoni e ceramiche, non possono tipicamente essere datati facilmente poiché non contengono materiali organici. Questo nuovo metodo – conclude il professore – pernette ora di creare una nuova, importante linea guida che permetterà ad altri di beneficiare di una datazione assoluta, tramite l’utilizzo dell’archeomagnetismo.

Esaminati insieme, il nome impresso e la forza magnetica misurata nei grani di ossido di ferro offrono una mappa storica dei cambiamenti nella forza del campo magnetico terrestre. Spiega il professor Matthew Howland della Wichita State University che attraverso il confronto degli antichi manufatti con quello che sappiamo delle antiche condizioni del campo magnetico, è possibile stimare la datazione di qualsiasi reperto che è stato scaldato in tempi antichi. Questo si applica appunto a mattoni cotti e ceramiche.

La forza magnetica dei grani di ossido di ferro all’interno dei reperti sottoposti a cottura può essre misurata e poi confrontata con la forza del campo magnetico terrestre in diversi momenti storici. I regni dei sovrani potevano durare anni oppure decenni, il che permette una risoluzione migliore di quella del radiocarbonio, che individua le datazioni dei manufatti entro alcune centinaia di anni. Un vantaggio addizionale della datazione archeomagnetica dei reperti risiede nel fatto che potrà così permettere agli storici di individuare con maggiore precisione le durate dei regni di alcuni sovrani antichi, che sono rimaste in parte ambigue. Anche se è nota la lunghezza e l’ordine dei loro regni, c’è stata discussione all’interno della comunità di storici e archeologi in merito agli anni esatti durante i quali sono ascesi al trono, a causa delle registrazioni storiche incomplete. I ricercatori trovano che la loro tecnica si allinei con quella che gli archeologi chiamano “Cronologia bassa”.

 

Gli antichi mattoni in argilla, con iscrizioni dei nomi dei re mesopotamici possono però fornirci importanti informazioni anche su una anomalia di circa tremila anni fa nel campo magnetico terrestre.

I ricercatori sono stati infatti in grado di confermare l’esistenza dell’“Anomalia geomagnetica levantina dell’Età del Ferro”, un periodo durante il quale il campo magnetico terrestre era forte – per ragioni tuttora non chiare – in maniera persino inusuale, attorno all’area corrispondente all’odierno Iraq tra il 1050 e il 550 prima dell’era comune.
Prove dell’anomalia son state rilevate fino in Cina, Bulgaria e alle Azzorre, ma i dati dalla parte meridionale del Medio Oriente sono stati finora scarsi.

Il team di ricerca ha anche scoperto che in cinque campioni, relativi al regno di Nabucodonosor II (dal 604 al 562 prima dell’era comune), il campo magnetico terrestre cambiò drammaticamente durante un breve periodo di tempo, aggiungendo consistenza all’ipotesi che rapidi picchi di intensità dello stesso sono possibili.
La professoressa Lisa Tauxe, dell’Istituzione Scripps do Oceanografia, ha spiegato come il campo geomagnetico sia uno dei fenomeni più enigmatici delle scienze della terra. I resti archeologici ben datati delle ricche culture mesopotamiche, e in particolare i mattoni con le iscrizioni dei nomi di determinati sovrani, possono offrire un’opportunità senza precedenti di studiare i cambiamenti della forza del campo ad alta risoluzione temporale, tracciando i cambiamenti occorsi nell’arco di diversi decenni o anche meno.

Brick dates to the reign of Nebuchadnezzar II (ca. 604 to 562 BCE) based on the interpretation of the inscription. This object was looted from its original context before being acquired by the Slemani Museum and stored in that museum with agreement from the central government. Image courtesy of the Slemani Museum. Credits: Slemani Museum
mattone in argilla datato al regno di Nabucodonosor II (circa 604-562 prima dell’era comune), sulla base dell’iscrizione. Il reperto fu saccheggiato dal contesto originale prima dell’acquisizione da parte del museo iracheno Slemani e lì conservato, in accordo col governo centrale. Immagine  courtesy del Museo Slemani. Crediti per la foto: Museo Slemani

In conclusione, il team di ricerca spera che – utilizzando questo che hanno definito “archeomagnetismo“, che guarda alla firma del campo magnetico terrestre sui reperti archeologici – , da una parte si riesca a migliorare la nostra conoscenza della storia del campo magnetico terrestre, dall’altra si contribuisca a datare meglio manufatti che in precedenza non potevano essere datati.

 

Riferimenti bibliografici:

Exploring Geomagnetic Variations in Ancient Mesopotamia: Archaeomagnetic Study of Inscribed Bricks from the 3rd-1st Millennia BCE, PNAS (18-Dec-2023), DOI: 10.1073/pnas.2313361120

Dove i classici si incontrano. ClassiCult è una Testata Giornalistica registrata presso il Tribunale di Bari numero R.G. 5753/2018 – R.S. 17. Direttore Responsabile Domenico Saracino, Vice Direttrice Alessandra Randazzo. Gli articoli a nome di ClassiCult possono essere 1) articoli a più mani (in tal caso, i diversi autori sono indicati subito dopo il titolo); 2) comunicati stampa (in tal caso se ne indica provenienza e autore a fine articolo).

Write A Comment

Pin It