20 Luglio 2016

Geranio850
Manuela Geranio, Professore aggregato all’Università Bocconi

Recentemente sono state spesso ripetute affermazioni riguardanti l’esistenza di negoziazioni di azioni (partes) delle imprese di riscossione delle tasse (societates publicanorum) nella tarda Repubblica romana.

Un nuovo studio, pubblicato su Explorations in Economic History, sostiene che simili affermazioni – riguardanti un significativo commercio delle stesse – non sarebbero supportate dalle fonti primarie disponibili. In particolare, la ricerca fornisce spiegazioni alternative e più plausibili dei passaggi contenuti nei testi In Vatinium [12.29] e Pro C. Rabiro Postumo [2.4], mentre la principale fonte utilizzata a sostegno delle affermazioni, il Gorgoglione (Curculio) di Tito Maccio Plauto, “non fornisce prove sostanziali”. Inoltre, se da una parte queste società richiedevano meno meno capitale di quanto si ritenesse finora, dall’altra gli appalti per la riscossione delle tasse erano limitati a una parte della popolazione (gli equites) e quindi non vi sarebbe stato spazio per un mercato borsistico, né vi sarebbero cenni a possibili controversie in merito.

Come spiega la Professoressa Manuela Geranio, “A un’attenta analisi, si riscontrano solo brevi discussioni di possibili negoziazioni di azioni in poche fonti che, a loro volta, dipendono fondamentalmente da un’interpretazione discutibile del contesto commerciale e legale”.

Il concetto moderno di società per azioni si fa generalmente risalire alla East India Company inglese, fondata nel 1600, ma solo due anni dopo – con la East Indies Company olandese – si giunge a uno statuto societario che contempla le condizioni per il trasferimento delle azioni.

Lo studio “Trading of shares in the Societates Publicanorum?”, di Geoffrey Poitras e Manuela Geranio, è stato pubblicato in Explorations in Economic History.

Link: Explorations in Economic History; AlphaGalileo 1, 2 via Università Bocconi

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