I tanti quesiti della fiaba di Cappuccetto Rosso dei Fratelli Grimm

Cappuccetto Rosso Fratelli Grimm
Cappuccetto Rosso oltre Perrault e i fratelli Grimm: Little Red Riding Hood, cromolitografia, Popular Graphic Arts. Copyrighted 1873; Kate Gray, 72 ; James F. Queen, CR.; nome associato sulla scheda del catalogo degli scaffali: Hoover, Joseph. Immagine dalla Biblioteca del Congresso divisione stampe e fotografie, ID digitale pga.07129, in pubblico dominio

Innanzitutto, una premessa: nel linguaggio comune, la fiaba e la favola vengono spesso usate come sinonimi, ma a conti fatti si tratta di due tipi di narrazione molto diversi tra di loro. La favola è un racconto breve, in cui solitamente i protagonisti sono degli animali, che rappresentano i vizi degli uomini. Presenta una morale, in insegnamento, che viene esplicato nel finale e che ha molta più importanza della storia in sé. La fiaba, invece, è un racconto lungo e intricato, fatto di elementi magici e surreali, che cambiano a seconda del popolo cui appartengono. Dato che sono fatte per la forma orale, subiscono delle variazioni nel corso dei secoli. Le fiabe che conosciamo sono il risultato sincretico di molte varianti.

Cappuccetto Rosso oltre Perrault e i fratelli Grimm: La finta nonna, versione italiana della fiaba conservata da Italo Calvino nelle Fiabe italiane. Italo Calvino, foto di Johan Brun, fotografo affiliato alla rivista norvegese Dagbladet – Oslo Museum/Digitalt Museum, CC BY-SA 4.0

Un chiaro esempio lo abbiamo con Italo Calvino, perché con le sue Fiabe italiane, tentò di recuperare quell’antico retaggio popolare e di salvarne la memoria attraverso la forma scritta. In questo tentativo di salvaguardia, è venuto inevitabilmente meno il carattere cangiante della fiaba, in grado di arricchirsi di elementi sempre diversi, grazie alla fantasia di chi raccontava e del suo pubblico. Eppure, non è detto che l’immutabile forma scritta non riservi delle sorprese per il lettore. Infatti, diversamente dalla tradizione orale, è possibile studiare e analizzare le ragioni che portano un dato scrittore a fare delle variazioni da un’edizione all’altra e finanche cosa lo spinga a prendere una fiaba riportata da terzi e cambiarla per i propri scopi. Un caso davvero interessante in tal senso è certamente quello di Cappuccetto Rosso.

La fiaba di Cappuccetto Rosso fu un’eccezione per i fratelli Grimm, Jacob Ludwig e Wilhelm Karl. Dagherrotipo di Hermann Biow (1847), fonte: http://www.zeno.org – Contumax GmbH & Co. KG,  immagine numero ID 2000185366X, in pubblico dominio

Durante il Romanticismo tedesco, il tema del riscatto sociale ha un ruolo fondamentale e si estende in ogni forma di narrativa. Certo, è strano parlare in questi termini della fiaba, specie perché la si associa ad un’età dove non si riflette sui significati sottesi di quelle parole che ascoltiamo con tutta l’attenzione possibile. Eppure, una fiaba apparentemente innocua, come quella di Cappuccetto Rosso, può avere tanti significati e una serie di misteri ancora oggi non del tutto svelati. Quel misterioso sottinteso che pare essere ancora oggi motivo di meraviglia e ricerca. Una delle domande che gli studiosi e gli addetti ai lavori si fanno è come mai questa fiaba di origine francese sia in una raccolta di fiabe tedesche. Specie perché altre fiabe sempre di origine francese, come Barbablù e Il gatto con gli stivali, nella seconda edizione della celebre raccolta dei fratelli Grimm sono state del tutto rimosse, proprio in virtù della loro estraneità alla tradizione tedesca. E allora perché per Cappuccetto Rosso è stata fatta un’eccezione? Che cose cela in sé, questa fiaba all’apparenza innocua?

Le Petit Chaperon rouge, illustrazione di Gustave Doré dal libro Gänsemütterchens Märchen di Charles Perrault, tradotte da Hans Krause, copyright 1921 by O. C. Recht Verlag / München. Immagine in pubblico dominio

Innanzitutto, si tratta di una fiaba di Charles Perrault, nota con il nome di Le Petit Chaperon rouge, e aveva delle importanti differenze con la versione dei Grimm. La fiaba nasceva per ammonire i bambini dai pericoli del bosco, simbolo anche della città, e degli estranei, che spesso sfruttano la loro ingenuità per fare loro del male. La fiaba non era certamente diretta solo ai bambini, ma anche e soprattutto alle giovani donne aristocratiche e in età a marito. Perché fossero più accorte e seguissero le indicazioni dei genitori, senza scapparsene con qualche ‘lupo’, di condizione inferiore, di certo interessato a privare la donna dei propri averi o, peggio, ad ucciderla. La fiaba, all’epoca, si prestava a queste interpretazioni. Oggi potremmo identificare questo cappuccio rosso con le prime mestruazioni, simbolo del passaggio dall’età giovanile a quella adulta. Il lupo è da molti considerato un pedofilo, pronto a divorare la sua giovane e ingenua vittima. Si tratta (è bene rimarcarlo) di una versione moderna, che difficilmente può coincidere col significato originario.

Le Petit Chaperon rouge, illustrazione di Gustave Doré dal libro Gänsemütterchens Märchen di Charles Perrault, tradotte da Hans Krause, copyright 1921 by O. C. Recht Verlag / München. Immagine in pubblico dominio

Nella versione di Perrault, però, il finale è ben diverso da quello che conosciamo, e cioè quello dei fratelli Grimm, perché il lupo riesce a divorare bimba e nonna, e a farla franca. Doveva spaventare i bambini, spingendoli ad obbedire ai genitori, eppure perché i Grimm decidono di cambiarla?

Le Petit Chaperon rouge, illustrazione di Gustave Doré dal libro Gänsemütterchens Märchen di Charles Perrault, tradotte da Hans Krause, copyright 1921 by O. C. Recht Verlag / München. Immagine in pubblico dominio

Perché, evidentemente, è molto più di ciò che sembra. Nella fiaba dei Grimm, interviene il cacciatore che sventra il lupo e libera nonna e nipote, finale simile a quello de Il lupo e i sette caprettini. Allo stesso modo, la mamma, in questa storia, sventra il lupo addormentato e salva i suoi piccoli. Al di là della sua origine francese, la fiaba ha un chiaro messaggio politico e patriottico, che l’ha resa del tutto ‘tedesca’ nell’immaginario. Infatti, i fratelli, sensibili patrioti, erano parecchio legati alla loro terra natale, l’Assia-Kassel, ed erano particolarmente scontenti per la sparizione del langraviato, dal 1807 al 1813 parte del regno di Westfalia di Gerolamo Bonaparte, e lieti del ritorno del vecchio Elettore, nonché della restaurazione del langraviato. Perciò, vedevano in Napoleone, e perciò nella Francia, il peggiore dei nemici. Il lupo, quindi, che assale la fanciulla non può che essere il tiranno francese. E quale modo migliore per farla pagare ai conquistatori francesi, se non prendendo una fiaba popolare e germanizzarla, cambiandone il finale per ricordare la sconfitta francese? Eppure, non finisce qui, perché la fiaba è piena di elementi antifrancesi, nonché antilluministici.

Innanzitutto, vi è una forte contrapposizione tra strada e sentiero, bosco e città, perfino natura/scuola. Cappuccetto Rosso, difatti, viene avvicinata dal lupo con queste parole: «Cammini come se stessi andando a scuola», dritta e ignorando le bellezze della natura, su cui inevitabilmente cade l’occhio della bambina. La natura non è simbolo della nazione tedesca e del Romanticismo tedesco (com’è stato ritenuto inizialmente), ben più attraente della missione della bambina, cioè giungere a casa della nonna. I fiori e il canto degli uccelli non sono il simbolo di questa candida Germania, ma del dominio straniero, che allontana l’innocente e ingenua bambina dal suo dovere. La scuola stessa, così come la nonna in quanto l’obiettivo della giovinetta, rappresenta l’ordine tradizionale, che viene ripristinato al termine della storia, con l’uccisione del lupo, l’invasore per antonomasia. Il cacciatore è, quindi, simbolo di vendetta e ribellione, un incitamento all’azione contro il nemico straniero e conquistatore. Cappuccetto Rosso e la nonna vive sono, per l’appunto, la Germania finalmente libera, dopo un lungo periodo di sofferta schiavitù. Il cacciatore, inoltre, deriverebbe dall’opera teatrale di Ludwig Tieck, chiamata Vita e morte di Cappuccetto Rosso (1800). In questa pièce, il cacciatore veniva accolto quale salvatore e liberatore.

Ludwig Tieck in un francobollo da 40 pfennig del 25 Maggio 1973, Bundesdruckerei Berlin, Ländercode-MiNr: 452. Immagine in pubblico dominio

Tuttavia, vi è un’altra possibile chiave di lettura. Se prendiamo in considerazione l’opera teatrale, allora il lupo diverrebbe il simbolo della ferocia della rivoluzione, del disordine, del caos che la rivoluzione porterebbe nel regno tedesco, ove vige l’ordine autoritario tradizionale. Lo stesso cacciatore è servo di quest’ordine, un mandante del principe tedesco che riporterebbe l’ordine. E Cappuccetto Rosso sarebbe un simbolo rivoluzionario lei stessa, con quel cappello frigio noto ai tedeschi, allusione ai giacobini francesi e ai rivoluzionari. Un esempio, quindi, che può seriamente far crollare il consolidato equilibrio, garantito dal governo tedesco. Quanto può nascondersi dietro ad una semplice e apparentemente innocua fiaba per bambini!

Cappuccetto Rosso Fratelli Grimm
Cappuccetto Rosso oltre Perrault e i fratelli Grimm: street art a Lisbona. Foto Flickr di niky81, CC BY-SA 2.0

Riferimenti bibliografici:

Bronzini G.B., La fiaba dai Grimm a Calvino e… nel prossimo millennio, «Lares» gennaio-marzo 1991, vol.57, n.1, pp.71-84;

Gatto G., I Grimm, Cappuccetto Rosso e Napoleone, in «Lares» maggio-aprile 2006, vol.72, n.2, pp.337-348;

Frigessi D., Inchiesta sulle fate. Italo Calvino e la fiaba, Pierluigi Lubrina Editore, Bergamo 1988, pp.95-108;

Ritz H., La storia di Cappuccetto Rosso. Origini, analisi e parodia di una fiaba, Ecig Edizioni culturali internazionali Genova, Genova 1985;

Tiek L., Fiabe teatrali, traduzione a cura di E. Bernard, Costa e Nolan, Genova 1986;

Zipes J., The Trials and Tributations of Little Red Riding Hood, Routledge, New York and London 1993, pp.99-128.

Nata a Bitonto nel ’94, ha studiato Lettere Classiche e Filologia Classica. Nel 2021 si è laureata in Scienze dello Spettacolo. Giornalista Pubblicista, collabora con più testate online. Attualmente frequenta il master in Critica Giornalistica alla Silvio D’Amico. I suoi interessi e studi riguardano la letteratura, il cinema e il teatro.

Write A Comment

Pin It