LA PORTALETTERE, di FRANCESCA GIANNONE: storia di una donna che non voleva essere dimenticata

La copertina del romanzo La portalettere, di Francesca Giannone, pubblicato da Editrice Nord. Foto di Annapaola Digiuseppe

Pubblicato da Editrice Nord (gruppo GEMS) lo scorso gennaio, il romanzo La portalettere di Francesca Giannone si è rivelato fin da subito un caso letterario. L’esordio è stato strepitoso: a due settimane dall’uscita era già nella top ten della classifica generale e al secondo posto della narrativa italiana. Da allora non ha mai abbandonato le prime posizioni e, attualmente, è prossimo alla quindicesima edizione.

A questo straordinario exploit si aggiungono il contratto con la Lotus Production (società del Leone Film Group) per la realizzazione di una serie televisiva e, notizia più recente, il Premio Bancarella 2023. Risultati davvero impressionanti, se si tiene conto del fatto che questo romanzo storico e di formazione è l’opera prima dell’autrice.

Laureata in Scienze della Comunicazione, Francesca Giannone, originaria del Salento, si è trasferita a Bologna, dove ha studiato presso il Centro Sperimentale di Cinematografia, ha frequentato il corso biennale di scrittura della Bottega di Narrazione «Finzioni» e ha pubblicato alcuni racconti su varie riviste letterarie. Tornata al paese natio, Lizzanello, si è dedicata alle sue più grandi passioni: dipingere e scrivere. Ed è proprio a Lizzanello che l’autrice, imbattendosi fortuitamente nel proprio passato, ha iniziato a tracciare un solco importante nel proprio futuro.

Lì, infatti, ha scovato in un cassetto della casa di famiglia un antico biglietto da visita:

Il biglietto da visita dal retro della copertina del romanzo La portalettere

Ha scoperto, così, di aver avuto per bisnonna una delle prime postine donne del Salento, anzi, probabilmente di gran parte del Meridione, e ha deciso di ricostruirne le vicende, trasformandole poi in una bellissima storia romanzata.

La portalettere è una saga famigliare, ambientata tra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta del Novecento, che ha per protagonisti i Greco di Lizzanello e, in particolare, la giovane Anna, una donna forte, energica e diversa da tutte le altre, che pensa e agisce senza condizionamenti, senza temere il giudizio delle malelingue: “Io non ho mai avuto paura di apparire diversa”.

Sposata con uno dei fratelli Greco ma originaria della Liguria, Anna è l’acquisita, è l’estranea, l’unica appartenente a un mondo geograficamente e culturalmente distante, non solo dal resto della famiglia ma anche da tutto il paese, tant’è che continueranno a soprannominarla la forestiera anche dopo decenni dal suo trasferimento al Sud.

L’unicità di Anna, tuttavia, non è legata solo alla sua provenienza ma anche al suo particolare carattere. Anticonformista, combattiva e di cultura laica, si rifiuta di frequentare la chiesa, segnando da subito una netta frattura con la gente del posto; sceglie poi, di fare un lavoro da uomini, sfidando l’ostilità dei colleghi, il disappunto dei tradizionalisti e lo scetticismo di chi non la ritiene all’altezza.

Persino al marito, contrario alla sua decisione, Anna ribatte: È un problema tuo!”

Odiando ogni forma di prepotenza maschile e ogni forma di sottomissione femminile, Anna rivendica la propria libertà e presto inizierà a battersi affinché anche le altre donne ottengano rispetto, autonomia e considerazione.

Tuttavia, ciò che più conquista di questo personaggio è che non si presenta affatto come un’eroina esente da difetti. È una donna vera, con tutte le sue colpe e i suoi meriti, i suoi torti e le sue ragioni, i suoi sbagli e i suoi tentativi di porvi rimedio. Anna non vuole piacere a tutti i costi, né cerca l’approvazione degli altri (tantomeno quella dei lettori); è schietta e in buona fede, ma agisce spesso d’istinto e non pondera tutte le conseguenze delle sue azioni, finendo anche per ferire le persone che ama.

L’antitesi di Anna è Agata, sua cognata. Quest’ultima è ostile alle abitudini del Nord almeno quanto la prima mal tollera quelle del Sud. Le due donne si rispettano e si sostengono, fedeli al legame familiare che le unisce, ma non riescono a trovare un punto d’incontro, avendo personalità inconciliabili.

Agata è molto religiosa, è ligia alle consuetudini e alle tradizioni del paese, è lamentosa e petulante (sapeva diventare grandine”), ma è una donna capace di sacrifici per lealtà. Ambisce, in fondo, a un’amicizia che Anna, incapace di fingere e di conformarsi, non riesce a concederle.

Altri due personaggi contrapposti sono i fratelli Greco: Carlo e Antonio, il primo sposato con Anna, il secondo con Agata. Carlo è dinamico, brillante, irrequieto; Antonio è riflessivo, pacato, ama leggere (predilige gli autori russi) e sottolinea le parti che più lo colpiscono, cosa che creerà un particolare ponte comunicativo tra lui e sua cognata Anna. I due fratelli hanno in comune solo l’affetto che provano l’uno per l’altro e, casus belli, l’amore per Anna. Nonostante tutto quello che sopraggiunge a turbare gli equilibri della famiglia, Antonio resta un punto di riferimento per il fratello minore: è la roccia cui Carlo si aggrappava da sempre”.

Il rapporto di profonda complicità e, insieme, di conflittualità tra i due è sviluppato dall’autrice con estrema delicatezza.

I personaggi del romanzo sono tanti e ognuno si ritaglia uno spazio importante nel racconto, diventando protagonista della propria vicenda personale: da Giovanna detta la pazza, che grazie ad Anna intraprenderà un cammino di rinascita, alla rancorosa Carmela, l’ex fidanzata che Carlo ha lasciato in paese ad aspettarlo invano; dagli anziani Gina e don Ciccio, depositari dei più atavici retaggi del paese, al direttore dell’ufficio delle poste, Tommaso, mite e paziente ma messo a dura prova dalla sorte; fino ad arrivare alla nuova generazione, rappresentata da Roberto, Daniele e Lorenza, anch’essi costretti a fare i conti con le regole non scritte del borgo, le convenzioni sociali e i segreti di famiglia.

Parlare di tutti loro è difficile, senza svelare parte della trama. Basti dire che nessuno è lì per caso, nessuno fa da riempitivo. Ogni personaggio apre la via a una tematica, a un approfondimento psicologico ben preciso, e ha una storia da raccontare, che diventa storia di tanti, se non di tutti, nella misura in cui ci si può identificare in una situazione o in un comportamento.

Così come i personaggi, anche i luoghi sono descritti in maniera intensa e suggestiva, quasi tratteggiati a pennellate di colore vivo (e non stupisce il fatto che l’autrice sia una pittrice).

I luoghi, inoltre, sono a loro volta protagonisti, ppresenze attive, quasi personificate, come già s’intuisce dalla frase in copertina: Un paesino del Sud, una donna del Nord. Un incontro che cambierà entrambi.

Tante le ambientazioni che diventano un tutt’uno con l’elemento umano: la casa dei Greco in via Paladini; il giardino segreto di Anna; il paesino con il suo odore speciale, un 

miscuglio di pasta fresca, origano, terra bagnata e vino rosso;

il Bar Castello con i due vecchietti che stanno sempre lì, allo stesso tavolino,

come se fossero sagome di cartone che Nando riponeva nel ripostiglio a fine giornata e tirava fuori ogni mattina prima dell’apertura;

il Grande Leccio; il mercato rionale, tripudio di oggetti tipici, cibi locali, odori intensi e voci assordanti.

Come già accennato, le tematiche affrontate sono molteplici. Una delle principali è senz’altro l’amore in tutte le sue sfaccettature: quello tra fratelli, quello tra coniugi, quello tra amanti, quello tra genitori e figli (Il sangue vince sempre, dice don Ciccio a Carlo), quello non ricambiato, quello inconfessato, quello sbagliato.

Quando Anna osserva perplessa le notevoli dimensioni della casa di via Paladini, leggiamo il suo concetto pratico e razionale di amore:

Era convinta che l’amore non avesse bisogno di troppe stanze né di camere da chiudere a chiave. […] Lo spazio fisico, quand’è troppo, aumenta anche la distanza tra i cuori: quando mai le principesse vivono felici nei castelli?

A suo figlio, che gli chiede cosa gli abbia fatto capire d’aver trovato la donna giusta, Carlo risponde:

Credo di aver sentito… di essere a casa. Di poter mostrare il mio lato più fragile, sapendo che l’altra persona lo capisce, lo accetta, se ne prenderà cura, e non lo userà mai contro di te.

Poi c’è l’amore illusorio di Agata, convinta che prima o poi la sua dedizione unilaterale possa essere ripagata:

L’amore s’impara. E tu imparerai. Fino ad allora, il mio basterà.

L’amore innesca anche una spirale di sofferenza, là dove entrano in campo passioni non rivelate, segreti e tradimenti, fino a condurre all’autolesionismo, sia mentale che fisico, come nelle vicende di Giovanna e di Lorenza.

La linea di confine tra i diversi sentimenti a volte è estremamente sottile e basta poco per rompere ogni equilibrio. Emblematica, in tal senso, è la frase riportata nel prologo di apertura:

Quanto può essere tenace l’amore che cede il passo all’odio?

C’è poi un’altra forma di amore, che è l’amicizia, come racconta il rapporto tra Anna e Giovanna, un’amicizia capace di curare le ferite più profonde e di azzerare le differenze sociali, culturali e caratteriali.

A volte, però, la solidarietà femminile viene meno e proprio le donne, puntandosi il dito le une contro le altre, diventano il muro più difficile da abbattere per l’emancipazione di genere: Quando una alza troppo la cresta, certe cose se le merita, commentano spietatamente le pettegole del paese quando vengono a sapere di un terribile torto subito da Anna.

Del resto, sebbene le donne siano le principali vittime delle discriminazioni, l’autrice non si esime dal sottolineare quanto i preconcetti sessisti colpiscano anche gli uomini, condannati da luoghi comuni altrettanto crudeli e ottusi. Se da un lato, ad esempio, Carlo afferma:

Non è un lavoro da donne, quello del portalettere,

dall’altro Carmela dice al figlio Daniele che deve

trovare da faticare come un uomo perché la sartoria non è cosa per maschi.

Giudizi e pregiudizi, Nord e Sud, donne e uomini. Una serie di contrapposizioni e di convinzioni su cui si regge il pensiero comune, su cui si fonda una specie di legge non scritta:

ad Anna sembrava che tutti aspettassero solo di vederla fallire per ristabilire l’ordine delle cose.

Un ruolo preponderante nel romanzo è assegnato ai libri, che sono quasi un filo conduttore, specialmente nel rapporto tra Anna e Antonio. Anna ama le scrittrici donne e usa i libri per curare, riabilitare, educare (come fa soprattutto con Giovanna), mentre Antonio predilige gli autori russi e si avvale dei libri per comunicare ciò che non può esprimere a parole.

Anche su questo argomento l’autrice ha una visione ampia e oggettiva, dando voce e ragioni tanto a chi ama la lettura quanto a chi la pensa diversamente, come Agata (Si riempiono la testa di parole e poi non sanno trovare quelle giuste per consolare le persone”), o come Lorenza (Se c’è una cosa che ho capito è che la felicità non si trova nei libri”).

Sebbene in primo piano vi sia la saga famigliare dei Greco, va sottolineato, infine, che il romanzo affronta anche le questioni legate agli avvenimenti storici: il fascismo; la guerra e il Dopoguerra; i partiti politici, con i due schieramenti contrapposti, Democrazia Cristiana e Partito Comunista; l’occupazione delle terre dell’agro di Arneo, tra Nardò e Taranto; la questione del voto alle donne; l’UDI (Unione Donne Italiane) e la Casa per le Donne, realtà all’avanguardia per l’epoca.

Un romanzo, insomma, davvero di ampio respiro.

Francesca Giannone ha svelato che le ultime parole rivolte da Anna Allavena alla sua nipote prediletta (ossia alla madre dell’autrice) sono state:

Non voglio essere dimenticata.

Grazie a questo romanzo possiamo senz’altro affermare che il desiderio della portalettere di Lizzano è stato ampliamente esaudito dalla sua bisnipote. E nel migliore dei modi.

La portalettere, di Francesca Giannone
La copertina del romanzo La portalettere, di Francesca Giannone, pubblicato da Editrice Nord

In conclusione, una curiosità. La donna riportata in copertina è tratta da un dipinto che, nella sua interezza, mostra una coppia di sposi: Peider Seiverin Krøyer e sua moglie Marie Triepcke, entrambi pittori danesi. Sposati da poco, durante un viaggio in Italia i due si sono ritratti a vicenda, come pegno d’amore. Una forma di complicità artistica che si rivela, soprattutto, un riconoscimento del ruolo paritario della donna, messa sullo stesso piano dell’uomo anche professionalmente.

Un’immagine davvero appropriata, se pensiamo ai personaggi di Anna e Carlo.

SCHEDA

Titolo: La portalettere
Autore: Francesca Giannone
Editore: Nord
Data di pubblicazione: 10 gennaio 2023
Pagine: 416
ISBN: 978-8842934844

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