UN OPUSCOLETTO ATTUALISSIMO: L’ARTE DI ASCOLTARE DI PLUTARCO

Uno degli autori più prolifici che l’antichità greca ci ha restituito è Plutarco; di lui sappiamo che nacque a Cheronea, in Beozia, intorno al 45/46 d.C. e morì, con molta probabilità, a Delfi, dove ricopriva la carica di sacerdote del tempio di Apollo, intorno al 125 d.C. Di famiglia ricca, ebbe modo di soggiornare ad Atene, dove fu allievo di Ammonio, qui si avvicinò alla filosofia platonica che avrà un grosso ascendente sul suo pensiero e ricevette la cittadinanza onoraria; in seguito, tra il 75 ed il 90 d.C., soggiornò a Roma, dove ricevette l’onore della cittadinanza ed il nome di Mestrio (patrono di Plutarco fu Lucio Mestrio Floro che visse durante il principato di Vespasiano e Domiziano) per poi fare ritorno nel suo paese natale.

La tradizione ci ha restituito un cospicuo numero di opere plutarchee, addirittura se ne ascrivono allo stesso Plutarco più di duecento, che rappresentano il suo più alto impegno come scrittore e intellettuale. L’opera che maggiormente caratterizza Plutarco sono le Vite Parallele (Βίοι Παράλληλοι), una serie di biografie grazie alle quali siamo a conoscenza di diversi politici e generali greci e romani; inoltre, durante il medioevo, ad opera del grammatico bizantino Massimo Planude (1255 d.C. ca. – 1305 d.C. ca.), è stata sottoposta ad ordinamento una raccolta di scritti plutarchei dal contenuto vario – filosofia, retorica, teologia, politica, scienza, religione ecc. – che va sotto il nome di Moralia (Ἑθικά).

Plutarco
Busto di filosofo dal Museo Archeologico di Delfi, che si ritiene da attribuire a Plutarco. Il busto, del II o III secolo, è in marmo pario. Foto di Odysses, in pubblico dominio

All’interno di questa raccolta figura l’opuscolo di Plutarco, l’arte di ascoltare (De recta ratione audiendi – Περὶ τοῦ ἀκούειν), probabilmente composto tra l’80 ed il 90 d.C., che sottolinea l’importanza di una delle facoltà umane, ovvero l’udito, soprattutto se funzionale all’accrescimento intellettuale e morale dell’allievo.

Quest’opuscoletto plutarcheo è indirizzato ad un tale Nicandro (di cui non si hanno notizie certe e che appare molto improbabile sia da identificare con il figlio di Eutidamo; quest’ultimo insieme a Plutarco, ricoprì la carica di sacerdote del tempio di Apollo a Delfi) che si apprestava ad essere avviato agli studi di filosofia; infatti, lo stesso autore afferma:

«Ti invio, caro Nicandro, la stesura del discorso da me tenuto su come si ascolta […], ora che hai indossato la toga virile e ti sei liberato da chi ti dava ordini».

Il Tempio di Apollo a Delfi
Il Tempio di Apollo a Delfi. Foto Panoramio di tamara semina, CC BY-SA 3.0

L’informazione plutarchea relativa al ragazzo è di fondamentale importanza; Nicandro stava per spogliarsi della toga praetexta per indossare quella virilis; questo rappresentava una sorta di passaggio dall’età adolescenziale a quella adulta, all’età della formazione alla filosofia ed alla conseguente preparazione alla vita da adulto.

Nel mondo antico l’avvicinamento allo studio della filosofia non era repentino e seguiva un iter preparatorio; dopo una prima parte dedicata all’apprendimento di tutta la terminologia filosofica col fine di rendere più comprensibili quelle tematiche, a volte, ostiche che i maestri proponevano, lo studente era letteralmente ‘imbevuto’ di nozioni che, dalla storia della filosofia, lo predisponevano all’ascolto delle diverse dissertazioni filosofiche: non era un caso che lo stesso allievo potesse mettere in pratica l’abilità critica acquisita durante le lezioni per mostrare al proprio maestro la capacità di comprensione di determinati argomenti.

Questa metodologia didattica che permetteva all’alunno non soltanto di avvicinarsi allo studio della filosofia, ma comprenderne ed analizzarne le teorie più complesse, giustifica l’opuscolo di Plutarco, che non si esime dal consigliare il fanciullo sul miglior modo di accostarsi allo studio della stessa, ovvero possedere una buona capacità di ascolto.

L’utilizzo dell’udito, secondo l’autore, è legato alle passioni. Questo suo assunto si basa, come scrive lo stesso Plutarco, sulle osservazioni fatte da Teofrasto di Ereso, il famoso allievo di Aristotele che lo succedette nella direzione del Liceo; infatti, lo stesso Plutarco afferma:

«[riferendosi all’udito] è esposto più di ogni altro alle passioni, dato che non c’è niente che si veda, si gusti o si tocchi, che produca sconvolgimenti, turbamenti o sbigottimenti paragonabili a quelli che afferrano l’anima quando l’udito è investito da certi frastuoni, strepiti o rimbombi».

È fondamentale, dunque, per Nicandro ben disporsi all’ascolto; soltanto con la comprensione del discorso del maestro egli riuscirà a determinare, analizzare o porre questioni su determinate teorie filosofiche anche complesse. La capacità di ascolto dev’essere continuamente sottoposta ad allenamento ed incentivata; inoltre, dev’esserci, da parte dell’alunno (o ascoltatore in generale), la volontà e la predisposizione ad accogliere gli elementi positivi di una conversazione evitando di accostarsi ad elementi frivoli per la sua formazione o, addirittura, nocivi; lo stesso autore, nel paragonare l’ascolto al travaso di un liquido, afferma:

«Quando si travasa qualcosa, la gente inclina e ruota i vasi perché l’operazione riesca bene e non ci siano dispersioni, mentre quando ascolta non impara ad offrire se stessa a chi parla e a seguire attentamente, perché non le sfugga nessuna affermazione utile».

Soltanto una buona capacità di filtrare i messaggi, gli elementi più piccoli, di un discorso, potrà evitare che l’ascoltatore incappi in nozioni, a detta di Plutarco, ‘frivole’ che producano inutili ‘dispersioni’.

Dopo una prima parte in cui è presentata la facoltà uditoria come elemento imprescindibile per accostarsi nel miglior modo all’apprendimento, Plutarco passa in rassegna determinate tipologie di comportamenti cui è necessario sottrarsi durante la fase di apprendimento o, semplicemente, quando si è impegnati nell’ascolto di un discorso.

Quando ci si presenta ad una lezione, ad una conferenza o ci si sottopone ad ascoltare una qualche dottrina, è importante l’utilizzo del silenzio; Plutarco ricorda, infatti, che:

«Il silenzio […] è ornamento sicuro per un giovane in ogni circostanza, ma lo è in modo particolare quando, ascoltando un altro, evita di agitarsi o di abbaiare a ogni sua affermazione […]».

L’autore consiglia di evitare l’essere fin troppo precipitosi durante la fase di ascolto; è necessario permettere all’interlocutore di terminare il discorso per poi trarre le consuete deduzioni. La filosofia ben si presta all’utilizzo della ragione, ma, al contempo, essa può essere foriera di cattive interpretazioni che possono essere il risultato di una frettolosa deduzione. L’animo del giovane dev’essere temprato alla pazienza, soltanto con essa l’ascolto potrà trarne giovamento.

Le affermazioni dell’autore mirano a sottolineare negativamente quelle caratteristiche di alcuni discenti (o ascoltatori) che, spesso, per mostrare la loro saccenza o ignoranza, commettono l’errore di tradire il reale contenuto di una teoria filosofica o di un semplicissimo discorso estemporaneo.

Plutarco prende in esame diverse tipologie di caratteri che minano la facoltà di apprendimento: coloro che tendono a mettersi in mostra, nei confronti dei quali lo scrittore afferma:

«Chi si mette subito a controbattere finisce per non ascoltare e non essere ascoltato e […] rimedia una brutta figura»;

c’è anche chi interrompe l’ascolto per mera invidia che, a detta dell’autore, è l’essenza più dannosa per l’ascoltatore:

«L’invidia poi […] non va bene in nessun caso, e la se la sua presenza ostacola ogni retto comportamento, diventa pessima assistente e consigliera di chi ascolta, perché gli rende fastidiose, sgradevoli e inaccettabili le osservazioni utili […]»;

inoltre, c’è colui che risulta sgradevole per ignoranza o, addirittura, per la sua vena denigratoria.

Nella sezione finale dell’opuscolo, Plutarco concentra l’attenzione sull’importanza di porre dei quesiti al termine dell’ascolto. Assunto che, dunque, l’udito rappresenta l’elemento cruciale durante la lezione, è altresì fondamentale sottoporre il maestro a domande attente e pertinenti. L’autore sconsiglia domande precipitose e frivole, ma anche domande fin troppo complesse perché potrebbero deviare l’attenzione e mettere in difficoltà chi sta parlando; per questo motivo è fondamentale, come afferma Plutarco, che:

«Quando si formula una domanda bisogna assolutamente rapportarsi all’esperienza e all’attitudine di chi parla, ponendogli quesiti sugli argomenti in cui è ‘più forte di se stesso’».

È, inoltre, una buona abitudine non porre domande in continuazione e non concentrarsi sullo stile delle parole, ma sul loro significato più intimo; questo permette di risultare, da un lato, gradevoli al maestro, dall’altro, scrupolosi ascoltatori.

L'arte di ascoltare Plutarco DeepAI
Immagine generata da ClassiCult con DeepAI, licenza d’uso

Infine, è utile sottoporre alla conoscenza del lettore uno dei pensieri plutarchei più belli, probabilmente l’assunto che ha (o può) consacrare questo opuscoletto nel tempietto del sapere. La capacità di ascolto e l’abitudine ad allenare l’udito rappresentano l’elemento fondante per una buona educazione non soltanto scolastica, ma, anche, improntata ad una vita virtuosa; l’autore, nell’ultimo capitolo del suo opuscoletto, riferendosi a chi si accinge allo studio ed a predisporsi ad affinare le proprie capacità critiche, ritiene che:

«La mente non ha bisogno, come un vaso, di essere riempita, ma piuttosto, come legna, di una scintilla che l’accenda e vi infonda l’impulso della ricerca e un amore ardente per la verità».

Il Moralia plutarcheo qui preso in esame porta con sé un altro concetto attualissimo, ovvero quello relativo all’aspetto pedagogico; leggendo l’arte di ascoltare si tende ad evidenziare che tra allievo e maestro deve crearsi una sorta di sinergia che porti, il primo, a dare il meglio di sé durante le lezione, ed il secondo, ad aprire la propria mente ad un apprendimento scevro da qualsiasi futilità. Questo concetto è sottolineato nella nota 50 dell’edizione dell’opuscolo di Plutarco a cura di Giuliano Pisani.

Un ulteriore elemento che spinge l’opera dell’autore verso una lettura attualizzante: le tipologie di allievi/ascoltatori presentati da Plutarco (l’invidioso, l’ignorante, il saccente ecc.) e così duramente tratteggiate dall’autore perché minavano il regolare flusso di apprendimento durante una conferenza/lezione del maestro, sono identificabili anche oggi quando si assiste a qualsivoglia conferenza su temi di attualità o argomenti a carattere scientifico (e non).

L’arte di ascoltare non è un libro destinato soltanto a studi specialistici o per interessi antichistici, ma rappresenta, in pochi capitoletti, un’analisi di elementi che, oggi, non solo sono oggetto di studio, ma animano le giornate di chiunque si accosti alla pratica dell’ascolto e dell’apprendimento.

Plutarco l'arte di ascoltare
La copertina dell’edizione Oscar Mondadori (1995) de l’arte di ascoltare di Plutarco, a cura di Giuliano Pisani

(Le traduzioni dei passi dell’opera sono a cura di Giuliano Pisani, L’arte di ascoltare, Oscar Mondadori, 1995)

L'arte di ascoltare Plutarco
Si vedano le immagini precedenti per i crediti delle foto di Plutarco e di Delfi, per la composizione da Canva, licenza d’uso

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