Gli Dei ritornano. I bronzi di San Casciano: la mostra approda al Museo Archeologico Nazionale di Napoli – MANN
sarà possibile visitarla dal 16 febbraio al 30 giugno 2024

e dopo la fortunata tappa al Quirinale, l’esposizione si arricchisce di quattro reperti 

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Gli scavi e la storia 

San Casciano dei Bagni sorge sul confine meridionale del territorio di Siena, alle pendici del monte Cetona, in un comprensorio che già in antico era arricchito da centinaia di sorgenti in cui l’acqua termo-minerale era ed è ancora oggi protagonista.  A partire dal 2019, grazie ad uno scavo – coordinato dal Comune di San Casciano dei Bagni, sotto la direzione del Dott. Emanuele Mariotti, la direzione scientifica del Prof. Jacopo Tabolli, con l’Università per Stranieri di Siena e il Ministero della Cultura –  il sito ha restituito, in una felice e fortunata collaborazione tra Enti, Amministrazioni e territorio, un santuario antico che nasce intorno al III secolo a.C. in territorio etrusco e che sarà frequentato fino alla fine del IV secolo d.C. Nell’area dominata dalla potente e ricca città-stato di Chiusi, a partire almeno dal VI sec. a.C. molti di questi luoghi sacri si legano al potere curativo delle acque calde in una successiva continuità con i nuovi dominatori, i Romani, che continueranno la tradizione delle pratiche curative in un territorio che vide Etruria e Roma protagoniste di feroci battaglie.

La campagna di ricerca del 2022, oltre allo scavo delle architetture del santuario, ha messo in luce un ricco deposito votivo dove le raffigurazioni in bronzo delle diverse parti del corpo -orecchie, piedi, mani, teste, organi interni- raccontano delle genti che si recavano lì per guarire dalle affezioni più varie. Pur non vantando una narrazione copiosa nelle fonti letterarie, il santuario di San Casciano dei Bagni doveva essere particolarmente celebre in antico, e non solo per i fedeli del territorio se, al contrario, una ricca documentazione epigrafica ne attesta invece una lunga frequentazione da parte di famiglie provenienti da diversi territori dell’Italia centrale. Il poeta venosino Orazio, in una epistola a Numonio Vala, proprietario di alcuni fondi a Salerno e Velia, chiede per la cura dei suoi continui malanni, quale sia il clima nelle prossimità del territorio chiusino in quanto Antonio Musa, medico personale di Augusto, gli aveva sconsigliato di curarsi a Baia e alle fonti di Chiusi.

Oltre venti statue, migliaia di monete di bronzo ed ex voto anatomici raccontano di una storia di devozione, di culti e di riti ospitati in luoghi resi sacri dall’acqua termale che sgorga alla temperatura di 42 gradi centigradi e che fin dall’antichità veniva impiegata per le sue proprietà terapeutiche. L’eccezionale stato di conservazione delle statue bronzee rinvenute nell’acqua calda ha permesso anche di tramandare lunghe iscrizioni in etrusco e in latino che raccontano delle genti che frequentavano il santuario, delle divinità invocate e della compresenza e convivenza di Etruschi e Romani attorno alle acque termali.

L’impianto monumentale del santuario è riconducibile all’età augustea ma il luogo è già considerato sacro, e come tale frequentato, fin dall’epoca etrusca. Solo tra la fine del I sec. a.C. e l’inizio del I sec. d.C., il santuario assume le forme di un edificio monumentalizzato con copertura a protezione delle acque mentre, a seguito di un drammatico incendio avvenuto probabilmente alla metà del I sec. d.C., in un periodo a cavallo tra l’età flavia e l’età traianea, lo stesso edificio subirà considerevoli trasformazioni con conseguenti, successivi ampliamenti.

Verso la fine del II sec. d.C. tre altari in travertino –con nuove dediche anche a Fortuna Primigenia e a Iside– sono collocati nel cuore del santuario, sul bordo della vasca della sorgente calda. In quest’epoca sono tante le divinità qui venerate e alle quali si chiede la guarigione: siamo in presenza di un quadro variopinto e composito nel quale Fortuna Primigenia, Iside, Apollo e Igea sono le divinità salutari e guaritrici per eccellenza.

La storia del sito era già nota in epoca moderna almeno fin dalla metà del Cinquecento quando sono attestate alcune iscrizioni dedicate ad Asclepio/Esculapio, Igea e soprattutto ad Apollo, celebrando le proprietà salutari e curative delle sorgenti d’acqua calda.

La mostra

La mostra, promossa dal Ministero della Cultura, dopo la fortunata tappa al Quirinale, approda oggi  al Museo Archeologico di Napoli. L’esposizione è stata realizzata grazie alla collaborazione tra una pluralità di istituzioni preposte alla ricerca, alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio. Organizzata dalla Direzione Generale Musei del MiC, l’esposizione presenta al pubblico i risultati degli scavi archeologici del Bagno Grande di San Casciano dei Bagni. Gli scavi sono in concessione al Comune di San Casciano dei Bagni dalla Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Mic, con la tutela della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le Province di Siena, Grosseto e Arezzo. Il coordinamento scientifico è dell’Università per  Stranieri di Siena. I restauri sono avvenuti con il supporto dell’Istituto Centrale del Restauro.

Gli Dei ritornano. I bronzi di San Casciano: la mostra approda al MANN. Gallery della presentazione, con foto di Valentina Cosentino

“Sono orgogliosa che il progetto di San Casciano dei Bagni oggi venga ospitato a Napoli, all’interno delle prestigiose sale del Museo Archeologico Nazionale. Tra l’altro  la mostra si arricchisce anche di nuovi reperti provenienti dallo scavo appena concluso, segno di un’attività che prosegue, grazie alla sinergia con l’Università per Stranieri di Siena e il Ministero della Cultura, e che è ancora in grado di stupirci. E, parafrasando il titolo della mostra, siamo anche felici di sapere che presto i nostri Dei ritorneranno a San Casciano”, afferma la sindaca di San Casciano, Agnese Carletti.

“I Bronzi di San Casciano sono da oggi ospitati nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli nei nuovi spazi espositivi, che per la prima volta aprono le porte al pubblico. La scelta non è casuale: non sono solamente dei capolavori dell’antichità ad essere in mostra al MANN, ma il risultato di un percorso di scavo in corso, dove statue in bronzo – ed è una circostanza rarissima – sono restituite nel loro contesto, raccordando le storie di un centro antico di ritualità e culto, che dal III secolo a.C. al V secolo d.C. fece dell’acqua termale il suo fulcro.  Così il racconto dello scavo del santuario, che fu etrusco prima e romano poi, si snoda nelle nuove sale espositive come un viaggio nel paesaggio delle acque sacre che è al contempo un viaggio nella ricerca. Il percorso dei Bronzi di San Casciano dei Bagni è infatti il frutto della collaborazione tra Musei italiani, Università, enti locali in cui si mette in atto quella valorizzazione immediata dei risultati degli studi in corso che dovrebbe essere il fine ultimo di tutti i progetti di archeologia”, commenta il Direttore generale Musei del MiC, Massimo Osanna.

Il nuovo allestimento

Il nuovo allestimento al Museo Archeologico di Napoli, oltre ai bronzi, ad altre sculture, monete ed ex voto ritrovati nelle scorse campagne di scavo, vede esposti per la prima volta una figura femminile di orante  con le mani aperte per la preghiera. La fanciulla indossa un chitone e un mantello e ha una chioma finemente pettinata a lunghe trecce che le cadono sul petto. L’iconografia, ben nota sin dalla prima età ellenistica, si può datare alla metà del II secolo a.C.

Il manufatto è stato rinvenuto nell’insieme di offerte all’interno della vasca sacra, in un gruppo di statue che abbracciavano un grande tronco di quercia. La scultura di devota orante era deposta a testa in giù, come a voler rivolgere la sua preghiera verso il cuore della sorgente termale.

Gli Dei ritornano. I bronzi di San Casciano: la mostra approda al MANN. Gallery degli allestimenti con foto di Valentina Cosentino

Dal III secolo a.C. al IV d.C., l’acqua termo-minerale raccoglie offerte e doni di vario tipo. Una storia lunga che fluisce nei secoli come l’acqua, scorre, plasma e salva grazie ai suoi benefici terapeutici. Fortuna Primigenia, Apollo poi Esculapio, Igea, Iside sono le divinità tutelari della sorgente, ma all’origine del culto e del rito c’è la fonte stessa, venerata a partire dalla fase più antica, tra il II e I secolo a.C. come il “Fons” appunto.

Il suo nome ripercorre i secoli prima in etrusco e poi in latino, presenza fissa e immutabile anche nelle dediche iscritte al Flere di Havens, il nume della Fonte. Proprio la campagna di scavi 2023 ha portato alla luce, all’interno di un muro perimetrale del santuario, un’eccezionale donario in travertino, anch’esso esposto in mostra, con iscrizione bilingue etrusco-latino che celebra la fonte. Da una parte si legge Flere Havens scritto da destra a sinistra, dall’altra Fons Caldus, il “Fonte caldo”, scritto da sinistra a destra; tutti coloro che si recano al santuario devono comprendere la dedica.

Ancora dalla campagna di scavo del 2023 al santuario del Bagno Grande provengono altri bronzi, riconducibili alle pratiche religiose e rituali di questo luogo di cura termale. Tra questi,  spicca un piccolo rene “in versione miniaturistica”. Infine, intagliato in un prezioso frammento di cristallo di rocca perfettamente trasparente, con rare e impercettibili impurità, vi è un pendente a forma di pesciolino. Il cristallo di rocca era ritenuto nell’antichità portatore di numerose proprietà benefiche e mediche, oltre ad essere usato come lente ustoria per curare le ferite; inoltre, essendo interpretato come ghiaccio pietrificato, era reputato utile a preservare il sonno dei defunti e a ritardarne il disfacimento del corpo. Il reperto si data ai primi decenni del I sec. a.C. ed è stato rinvenuto presso la sorgente di acqua fredda esterna al tempio, dentro un focolare, in associazione con una lama di coltello in ferro.

Tra i reperti in mostra anche un fulmine in bronzo. L’oggetto è stato ritrovato sopra uno strato di tegole che sigillava le offerte votive. Ma cosa significa seppellire un fulmine? Secondo il culto romano e prima etrusco, qualsiasi forma di prodigio doveva essere scongiurato così da ripristinare la pax deorum. L’intesa con il divino si spezza facilmente e allora accadono prodigi che avvertono gli uomini che bisogna ripristinare al più presto il patto con gli dei. I mortali devono rimediare con riti espiatori e placarne così l’ira. Quando un fulmine cade sulla terra, i cittadini incaricano l’aruspex fulguratior di studiare il fulmine, interpretare se il segnale è positivo o negativo e indicarne la forma di espiazione oltre a tenere in considerazione il colore, la forma, l’ora e il punto di provenienza. Quando poi colpisce qualcosa questo deve essere seppellito e quel luogo viene chiamato fulgur conditum, cioè fulmine sepolto. Nel Bagno Grande, forse il prodigio avvenne agli inizi del I secolo d.C.

In continuità con l’esposizione del Quirinale, il percorso di visita si configura come una scelta di opere rappresentative fra quelle che faranno parte dell’allestimento permanente. Il nuovo museo nazionale avrà sede nel Palazzo dell’Arcipretura di San Casciano dei Bagni, acquistato dal Ministero della Cultura con il rogito del 19 giugno 2023, e ospiterà i reperti provenienti dallo scavo del Bagno Grande, dalle ricognizioni archeologiche e dalle collezioni storiche del territorio.

La mostra Gli dei ritornano. I Bronzi di San Casciano

Il progetto rientra in un più vasto programma strategico, delineato nell’Accordo triennale per la valorizzazione e promozione del patrimonio archeologico di San Casciano dei Bagni, siglato nel febbraio 2022 dal Ministero della cultura, tramite la Direzione generale Musei e la Direzione generale Archeologia, belle arti e paesaggio, dalla Regione Toscana, dal Comune di San Casciano dei Bagni e dall’Università per Stranieri di Siena, ai sensi dell’art. 112, comma 4 del decreto legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004. Nell’Accordo di valorizzazione è prevista l’esecuzione di nuove ricerche e scavi nell’area delle acque termali del Bagno Grande. Si prevede anche la costituzione di un Parco Archeologico-Termale, del Museo e di un Hub internazionale di ricerca. In questo quadro, il Palazzo dell’Arcipretura potrà diventare un luogo di riferimento per le operazioni di conservazione, tutela, esposizione e valorizzazione dei reperti provenienti dal complesso santuariale legato alle acque termali di San Casciano dei Bagni e, in particolar modo, dal deposito votivo del Bagno Grande che ha restituito i celebri reperti in bronzo.

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