PIETÀ E TERRORE. LA TRAGEDIA GRECA DI GIULIO GUIDORIZZI:

UN MOMENTO CATARTICO A TEATRO

L’ultimo lavoro di Giulio Guidorizzi, grecista e studioso della drammaturgia antica nonché professore ordinario di Letteratura Greca presso l’Università degli studi di Torino, Pietà e terrore. La tragedia greca, edito da Einaudi (maggio 2023), guida il lettore tra i meandri ineluttabili della psiche umana e, in particolar modo, tra i pensieri sconvolgenti degli eroi tragici, primari protagonisti sulla scena.

Il volume si presta ad una lettura semplice e coinvolgente, e questo grazie all’utilizzo di un linguaggio chiaro e alla portata di tutti. Pietà e terrore consta di due parti fondamentali: una prima, dedicata alla tragedia in generale, con le sue tematiche e caratteristiche che connotano i personaggi e i contenuti dei drammi; una seconda, dove è possibile addentrarsi più nello specifico attraverso l’analisi dei tre più grandi tragediografi che l’antichità greca ci ha restituito, ovvero Eschilo, Sofocle ed Euripide.

Pietà e terrore. La tragedia greca, di Giulio Guidorizzi
la copertina del libro di Giulio Guidorizzi, Pietà e terrore. La tragedia greca, edito da Giulio Einaudi Editore (2023) nella collana ET Saggi

In quest’ultima sezione, però, non sono state prese in considerazione dall’autore tutte le tragedie superstiti – trentatré per l’esattezza – , dei tre grandi maestri, ma soltanto sedici. Questi rappresentano l’anello logico che consente al lettore di comprendere le diverse sfaccettature della pietà e del terrore e di come questi sentimenti fossero percepiti durante la scena; la grandezza e l’importanza delle tragedie prese in esame permette a chi si presta alla loro lettura, attraverso la lente di ingrandimento che Guidorizzi mette a disposizione, di immedesimarsi come spettatore e di cogliere tutti gli spunti che l’autore offre. Inoltre, il grecista propone una esauriente e paradigmatica riscrittura di alcuni degli spezzoni più celebri delle tragedie scelte.

Come preambolo all’intero volume, Guidorizzi ha scelto una delle storie tragiche più icastiche e singolari che la drammaturgia greca ci ha restituito, ovvero quella di Edipo. L’autore decide di focalizzare inizialmente l’attenzione sull’eroe tebano perché emblema e punto d’incontro di tutte quelle caratteristiche che appartengono al genere tragico e che muovono (e muovevano) alla pietà e al terrore.

Edipo a Colono, Incisione di Antoine- Alexandre-Theodore Giroust. Iconographic Coll. folder 6357. Immagine Wellcome Images di Wellcome Trust, CC BY 4.0

Edipo rappresenta l’esempio – tra i meglio riusciti – dell’eroe sovrastato dall’ineluttabile. Proprio quest’ultimo concetto è alla base del primissimo capitolo del saggio nel quale l’autore tratta esaustivamente l’eroe tragico, visto nell’indomabilità della sua psiche e nell’inspiegabilità delle azioni compiute. Questa è una caratteristica peculiare della tragedia ed è spiegabile se si pensa che, come afferma lo stesso Guidorizzi:

«La tragedia greca ha per oggetto […] l’uomo come categoria; è quindi umanistica nel senso più ampio del termine, perché ha al suo centro quell’effimera creatura che è l’essere umano, con le sue realizzazioni […] anch’esse sottoposte al travaglio del tempo e al furore di altri uomini» (p. 19).

Le parole dell’autore sottolineano un dato fondamentale per la comprensione dell’universo tragico, ovvero che l’uomo, con tutto il suo microcosmo, è il focus su cui poggia l’intreccio tragico e la sua definitiva risoluzione. Proprio sulla base di questa constatazione, Guidorizzi pone esemplificativamente a confronto la tragedia e la scienza; se la prima, infatti, si preoccupa dell’essere umano, guidandolo nel percorso di conoscenza di sé; la seconda, invece, non è affatto ‘tragica’ dal momento che risulta non curarsi della condizione umana, seguendo semplicemente il proprio naturale decorso.

Un ulteriore confronto proposto dall’autore è relativo alla sfera religiosa e, nello specifico, a quella cristiana. Se il Cristianesimo si pone, come elemento costitutivo, il fine di trovare delle spiegazioni e spingere i credenti ad una fede imperturbabile nella ricerca di Dio e nell’affidarsi totalmente al suo credo, l’eroe tragico non può riporre la stessa fiducia e, soprattutto, è quasi obbligato, obtorto collo, a capitolare perché così è stabilito dall’ineffabile destino; se Dio è creatore dell’universo e può essere interpellato dal fedele, la divinità greca è parte integrante dell’universo stesso e non concede risposte alle sventure umane, ma soltanto degli imperativi.

Una caratteristica cruciale del mondo tragico e dei personaggi che lo popolano, unita alla comprensione dell’ineluttabilità del destino umano, è l’effimerità della condizione dell’eroe sulla scena; si passa, ex abrupto, da una condizione iniziale di prosperità e felicità alla finale distruzione e perdizione dell’esistenza. Edipo, ad esempio, soltanto all’inizio è un re tebano felice della propria condizione, ma bene presto scopre di essere vittima di terribili forze che lo sovrastano tanto da spingerlo all’accecamento. Come l’eroe tebano, anche altri nondimeno patiscono le reti inarrestabili della propria condizione: Oreste, Aiace, Fedra, Medea, per citarne alcuni.
Tutto questo è comprensibile se si pensa al fatto che l’uomo, in quanto essere esistente e agente, è permeato da forze che condizionano la sua stessa esistenza e di cui può scoprirne la potenza soltanto attraverso l’uso dell’intelletto; degno di nota è, a questo punto, ciò che lo stesso Guidorizzi scrive nel corso del terzo capitolo del suo saggio:

«La vita di tutti, nella visione tragica, è paragonabile a una matassa ingarbugliata, di cui nessuno può dipanare il filo […] Il filo della matassa si è spezzato. Non è con l’abbandonarsi alla fede o al fatalismo che i tragici cercarono di dare una risposta alle sventure e al dolore, ma piuttosto con il limitato intelletto umano e interrogando i recessi della loro anima, in cui si possono trovare solo cose umane […]» ( pp. 22-23).

L’autore, inoltre, sottopone all’attenzione del lettore un ennesimo fattore cruciale per la comprensione del dramma tragico, ovvero quello relativo all’ἀνάγκη (anánke), la ‘necessità’ (concetto fondamentale nel mondo greco e, in particolar modo, per la connotazione dell’eroe tragico; il termine sarà, poi, mutuato dai romani ed espresso con la parola fortuna, ovvero il ‘destino’ che attende gli uomini al varco).

Ettore Andromaca Astianatte padre letteratura greca
Ettore, Andromaca e Astianatte in un vaso apulo a figure rosse (370-360 a. C.) dal Museo di Jatta. Foto  © Marie-Lan Nguyen / Wikimedia Commons, in pubblico dominio

È la ‘necessità’ a guidare le sorti del protagonista sulla scena e proprio per questa tipicità del dramma, Guidorizzi pone a confronto l’eroe omerico e quello tragico.
Ettore, ad esempio, sceglie, contrariamente alla volontà della moglie Andromaca che lo spinge a desistere dall’andare in battaglia con l’espediente del piccolo Astianatte, di morire per la patria, la sua scelta, dunque, è dettata sia dall’imperativo di difendere il suo popolo sia da una concezione tutta omerica e arcaica che vedeva nell’αἰδώς (aidós), «vergogna», l’elemento fondante dell’uomo valente e coraggioso.
Clitemnestra, per citare un altro esempio della seconda tipologia, si spinge ad uccidere il marito Agamennone spinta dalla ‘necessità’ di vendicare Ifigenia, la sua non è una scelta, ma un ordine morale che le vien dai meandri più reconditi della sua psiche.
Se il primo è quindi, in un certo senso, artefice del proprio destino e ha capacità di scegliere ciò che è giusto fare in ossequio alla propria volontà, il secondo non ha capacità di scelta, ma è la ‘necessità’ a dirigere i fili del suo destino
.

Inoltre, le azioni compiute dagli eroi tragici sulla scena sono caratterizzate da un eccesso smoderato che li spinge alla totale distruzione. A questo punto l’autore pone l’accento su altri due concetti fondamentali nel mondo greco, ovvero ὕβρις (hýbris) «tracotanza» e ἄτη (áte) «accecamento»; l’eroe tragico compie azioni eccessive, che superano il limite della moderazione, perché spinto dalla sua ‘tracotanza’ ad eccedere ultra modum e questa sua peculiarità dipende dal secondo concetto greco qui preso in esame, ovvero l’‘accecamento’: egli non soltanto compie azioni ‘eccessive’, ma lo fa perché ‘accecato’ dai sentimenti sconvolgenti della sua anima.
Tutto questo concorre ad incastonare l’eroe tragico, con tutte le sue passioni, come esempio paradigmatico per gli spettatori ed è proprio questa sua tipica connotazione che lo pone al polo opposto del sapiente che, invece, tende ad utilizzare la ragione per evitare qualsiasi eccesso.
Sono proprio gli spettatori che, nel mentre assistono alla messinscena tragica, sono partecipi delle passioni degli eroi tragici e, sulla base di questa affermazione, Guidorizzi, citando Aristotele, autore di un opuscolo fondamentale per lo studio della tragedia greca, ovvero la
Poetica, afferma:

«Questo in fondo è ciò che Aristotele intende per «catarsi»: passare attraverso le emozioni più forti e farle proprie, lasciandole entrare e uscire dall’anima. Pietà e terrore, due pulsioni opposte perché la pietà avvicina e il terrore allontana» (p. 27).

Aristotele Lisippo Palazzo Altemps
Aristotele, copia romana del busto di Lisippo (mantello di età moderna), conservata a Palazzo Altemps, Roma. Foto © Marie-Lan Nguyen / Wikimedia Commons, in pubblico dominio

Il dramma è, quindi, un sentire all’unisono la miserevole condizione che pervade il protagonista sulla scena tanto da rappresentare l’esempio, o meglio, la personificazione di quei sentimenti che conducono coattivamente l’essere umano ad un punto di non ritorno: Oreste, ad esempio, sa che, con la morte della madre, non potrà sfuggire alla furia delle Arpie.

Infine, un altro elemento tipicamente tragico trattato da Guidorizzi nelle battute finali della prima parte del volume è relativo all’universo femminile. Contrariamente a quanto si possa pensare, il mondo femminile permea profondamente i drammi; se ci sono gli eroi tragici, a questi fanno da contraltare le eroine, caratterizzate da passioni eccessive ed istinti che definiremmo ‘primordiali’. L’azione delle eroine tragiche si esplica attraverso la μῆτις (métis) «astuzia», loro sono artefici di inganni e desiderio di rivalsa in una società prettamente patriarcale: le Baccanti, nell’omonimia tragedia di Euripide, si allontanano dalla civitas per congiungersi all’ancestrale mondo della natura dove, in preda al furore dionisiaco, compiono rituali eccessivi. Anche le donne sono artefici di omicidi sulla scena e compiono le loro azioni o con l’uso di un arma o, strumento per antonomasia tutto femminile, con il veleno: Deianira, nelle Trachinie di Sofocle, si vendica dell’infedele Eracle con la consegna di un mantello avvelenato. In aggiunta a queste caratteristiche, la donna rappresenta, nel panorama tragico, anche l’essere che non vuole piegarsi a niente e nessuno: Antigone decide di eludere il κήρυγμα (kérugma) «editto» di Creonte per seguire la sua volontà, ovvero ottemperare a quelle leggi ‘non scritte’ ed imperiture e dare degna sepoltura al fratello Polinice. La σκηνή (skené) «scena» tragica è poi popolata da tante altre eroine come Fedra, Medea, Alcesti, giusto per citarne qualcuna. L’interesse per il mondo femminile dipende, come afferma Guidorizzi, dall’interesse del poeta tragico:

«[…] all’esplorazione di un territorio ignoto, una terra misteriosa, dove le donne, con i loro istinti e le loro passioni non controllabili, costituiscono un orizzonte capace di offrire a un artista la possibilità di rinnovare il suo immaginario» (p. 37).

Pietà e terrore di Guidorizzi è un saggio che merita l’attenzione di chiunque voglia approfondire le tematiche del tragico; i contenuti e la trattazione scorrevole, come suddetto, facilitano la lettura anche a coloro i quali si avvicinano per la prima volta agli studi di drammaturgia greca. L’affascinante trattazione dei temi e delle tragedie più rappresentative di Eschilo, Sofocle ed Euripide sembrano rispolverare la grandezza di questi tre grandi maestri che l’antichità (fortunatamente!) ci ha restituito, motivo per cui una attenta lettura del saggio garantirebbe una più profonda conoscenza delle tematiche e dei personaggi fondamentali di una poesia immortale.

Il libro recensito è stato cortesemente fornito dalla casa editrice.

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