Giuseppe Squillace, Gli inganni di Cleopatra. Fonti per lo studio dei profumi antichi – recensione

Lo studio delle sostanze aromatiche nel mondo greco e romano non è tra i temi più tradizionali delle ricerche sull’antichità e solo nell’ultimo secolo è stato oggetto di maggior interesse. A partire dal saggio di Paul Faure, Parfums et aromates de l’Antiquité, edito nel 1987, l’attenzione nei confronti della percezione degli odori nel mondo antico è decisamente cresciuta, come dimostrano vari contributi da parte di studiosi italiani, anglosassoni e tedeschi.

Albero dell’incenso (Boswellia Sacra), e resina di incenso in grani

Giuseppe Squillace, già autore de Il profumo nel mondo antico (Olschki, 2010) e Le lacrime di Mirra. Miti e luoghi dei profumi nel mondo antico (il Mulino, 2015), con il recente volume Gli inganni di Cleopatra. Fonti per lo studio dei profumi antichi intende affrontare odori e profumi sotto una nuova ottica, quella didattica: attraverso quest’antologia di fonti greche e latine si vuole infatti offrire un’introduzione quanto più completa possibile sull’arte della profumeria, anche con la speranza che i giovani, affascinati da questi testi, possano contribuire all’avanzamento degli studi.

Giuseppe Squillace, Gli inganni di Cleopatra. Fonti per lo studio dei profumi antichi
Giuseppe Squillace, Gli inganni di Cleopatra. Fonti per lo studio dei profumi antichi. Pubblicato da Olschki, 2022, Biblioteca dell’«Archivum Romanicum». Serie I: Storia, Letteratura, Paleografia, vol. 520

Il volume si apre con la traduzione di Le flacon di Charles Baudelaire, componimento simbolista in cui l’apertura di una boccetta di un profumo “fa sgorgare un’anima che balza tutta viva”, suscitando inebriati ricordi. Segue una breve introduzione nella quale si mette in luce il potere straordinario delle sostanze aromatiche, facendo riferimento alla cosiddetta “strategia olfattiva” della regina Cleopatra per sedurre Giulio Cesare prima e Marco Antonio poi. E proprio queste astuzie che si servivano di aromi e unguenti profumati costituiscono il preludio a questo volume, di cui si illustra l’intento prettamente didattico, per poi passare al cuore stesso del libro: le fonti antiche.

Unguentaria romani in vetro soffiato (I-III sec. a.C.). Collezione privata

I testi sono divisi in diverse sezioni, la prima delle quali è dedicata agli inganni attuati da Cleopatra per sedurre Cesare e Antonio come risulta dal Bellum Civile di Lucano (X, 104-171) o dall’Antonius di Plutarco (26): in entrambi i casi, la regina appare in particolare come pronta ad accogliere con ogni onore il suo obiettivo, e per farlo si serve proprio degli odori e del loro potere seducente, ai quali fa da sfondo il lusso e la sua ostentazione.

Questo traspare anche dagli aneddoti, come quello narrato nei Saturnalia di Macrobio (III, 17, 15-18), in cui la stessa Cleopatra dichiara di spendere 10 milioni di sesterzi per una cena, togliendosi poi dall’orecchio una perla di quel valore e gettandola in una coppa di aceto. Un gesto di dissolutezza, certamente, ma anche di scaltrezza, soprattutto se consideriamo che alla base di tutto questo ci sarebbe stata una scommessa con Antonio, volta a mostrare la superiorità del lusso egiziano su quello romano.

Una delle rassegne di testi più interessanti del volume è quella sull’arte della profumeria nel mondo greco, che comprende brani del De odoribus di Teofrasto, il primo trattato antico su questo tema: si descrivono le diverse tipologie di odori, distinguendo tra quelli presenti in natura e quelli prodotti attraverso una téchne, con procedimenti artificiali, per poi rivolgersi ai vari unguenti, alla loro preparazione e conservazione.
Tali questioni sono riprese anche da Plinio il Vecchio nel XIII libro della Naturalis Historia, in cui si spiega che il loro uso risalirebbe ai Persiani, i quali si servivano di tali sostanze per estinguere il proprio fetore.

Lekythos attica a figure rosse (Douris, 500-475 a.C.). Museo Civico Archeologico di Bologna

Oltre a Teofrasto e Plinio, vi è poi un’altra testimonianza menzionata da Giuseppe Squillace: si tratta dell’unico frammento del Περὶ Μύρων di Apollonio Mys  (IV-III sec. a.C.), conosciuto solo grazie alla citazione che ne fa Ateneo ne I Sofisti a banchetto. A questo frammento, e a ragione, è dedicata una sezione sulle “mode” dei profumi, proprio perché il trattato di Apollonio mostrava come l’uso dell’una o dell’altra sostanza aromatica fosse legato al mutamento degli equilibri politici del Mediterraneo.

Giuseppe Squillace, Gli inganni di Cleopatra. Fonti per lo studio dei profumi antichi
Foto di Giulia Freni
Stecche di Cinnamomo in parte assimilabile alla cannella

Legata alla sezione sull’arte della profumeria è quella sugli ingredienti aromatici, nella quale si attinge a brani tratti dagli scritti di Teofrasto, Plinio il Vecchio e Galeno. Si ricorda per esempio il cinnamomo che, come spiega Plinio citando Erodoto, cresceva nei nidi degli uccelli, soprattutto della Fenice, e veniva fatto precipitare giù grazie al peso della carne che gli uccelli depositavano sul nido; oppure la cassia, che sarebbe cresciuta intorno alle paludi e che sarebbe stata difesa da pipistrelli e serpenti alati (Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XII, 42; Erodoto, Storie, III, 110-111).

Cardamomo (baccelli e semi)
Arbusto di cisto, che emette la resina detta labdano

Gli ingredienti aromatici ritornano anche nella rassegna successiva di testi, comprendente le ricette mediche per la preparazione di oli profumati: riportando vari passi del De materia medica dioscorideo, si mostrano dunque diverse ricette, come quella dell’olio di narciso, utile per i problemi dell’utero, oppure del kýphi, molto usato dai sacerdoti egiziani e somministrato agli asmatici.

Pianta di lentisco

Le diverse sostanze aromatiche, oltre all’ambito medico, erano impiegate anche in altre occasioni, come il simposio – si riportano a riguardo un frammento di Alceo (fr. 50 Voigt) e un breve passo tratto dal Satyricon di Petronio – oppure la cucina: su quest’ultimo aspetto sono interessanti l’Hedypatheia di Archestrato di Gela, poemetto noto solo da frammenti, e il De re coquinaria di Apicio, un vero e proprio ricettario che prevedeva l’uso di spezie e aromi in varie ricette.

Giuseppe Squillace, Gli inganni di Cleopatra. Fonti per lo studio dei profumi antichi
Vaso per contenere profumi proveniente dall’Egitto, conservato presso il Met Museum di New York. Immagine di pubblico dominio

Come nota giustamente Squillace, oltre alle fonti letterarie, vi sono varie testimonianze epigrafiche che offrono un importante contributo per ricostruire la percezione di odori e profumi nel mondo antico. Tra quelle citate, è rilevante un’epigrafe proveniente da Lebena, nell’isola di Creta, e risalente al II-I sec. a.C.: quest’iscrizione fa parte dei cosiddetti ἰάματα, ovvero le epigrafi che attestano guarigioni miracolose a opera di Asclepio, presso i cui templi si praticava l’incubazione.

L’iscrizione di Lebena, in particolare, mostra come una donna sia stata guarita da una dolorosa ferita al dito mignolo, dopo che il dio le aveva ordinato di applicarvi un guscio di conchiglia abbrustolito, tritato e poi impastato con olio di rosa e di ungere poi la ferita con l’olio unito alla malva. Altre iscrizioni, invece, testimoniano l’esistenza di antichi profumieri come Gaio Quintilio Panfilo (CIL, VI 5638) o produttori e mercanti di essenze quali Lucio Lutazio Paccio (CIL, VI 5639).

Alabastron in terracotta, su cui compare una figura femminile nell’atto di specchiarsi (440 a.C. circa). Metropolitan Museum of Art, New York. Immagine di pubblico dominio

Tra le altre rassegne di testi ve ne sono due nelle quali il tema degli odori si intreccia con gli studi di genere: da un lato si evidenzia come tendenzialmente la tradizione letteraria interpreti l’impiego di profumi come elemento di denigrazione, sia per la donna che per l’uomo, come risulta tra l’altro dalla Mostellaria di Plauto in cui si arriva a dire che mulier recte olet ubi nihil olet (“la donna odora di buono quando non odora di niente”; Mostellaria, 273); dall’altro si denota la distinzione tra fragranze adatte alle donne ed altre adatte agli uomini, come già si legge nel De odoribus di Teofrasto, ma anche nel Simposio senofonteo, in cui però Socrate non vede alcun bisogno per cui le donne debbano usare dei profumi perché li emanano loro stesse.

Infine una certa attenzione è rivolta alla geografia degli unguenti, facendo riferimento sia alle regioni aromatifere da cui provenivano – delle quali si riportano alla fine del volume una serie di cartine, seguite da suggestive immagini di sostanze aromatiche e contenitori – sia alle cosiddette “vie dei profumi”, i quartieri delle città in cui si trovavano le botteghe dei profumieri.

Askos in ceramica a forma di tartaruga (V sec. a.C.). Museu d’Arqueologia de Catalunya, Sant Pere de Galligants

Per trarre delle riflessioni conclusive, possiamo riconoscere come il volume di Giuseppe Squillace Gli inganni di Cleopatra. Fonti per lo studio dei profumi antichi costituisca una ricca introduzione allo studio sul tema degli odori e nei profumi antichi e, coerentemente a quanto auspicato nell’introduzione, si presta ad un’applicazione didattica.

Aryballos corinzio (inizi del VI secolo a.C.). Collezione privata romana dal 2002. Precedentemente nella raccolta De Raffaele, Napoli. © Lorenzo Vanzetti

I testi menzionati, divisi in sezioni, permettono infatti di ricavare diversi spunti interessanti per far avvicinare gli studenti al mondo della profumeria antica, mostrando le sue varie declinazioni: dalle vicende prettamente storiche agli aneddoti, dalla trattatistica medica a quella culinaria, dalle fonti epigrafiche a quelle letterarie.

Albero della mirra (Commiphora myrrha), e resina di mirra in grani

Ogni rassegna di testi è preceduta da una breve introduzione nella quale spesso si accenna anche ad ulteriori testimonianze, spingendo il lettore meno esperto ad approfondire: per esempio, in una sezione sul mito che comprende testi sulle vicende di Mirra, Dafne e dell’Araba Fenice si citano anche quelle di Leucotoe e Narciso che, magari, possono suscitare l’interesse di giovani studenti alle prime armi o anche più esperti che sono curiosi di ricercare il brano che narra le loro storie.

Nonostante il maggiore interesse emerso negli ultimi anni, lo studio dell’arte della profumeria nell’antichità è ancora poco studiato e le prospettive offerte da questo volume mostrano come ci sia ancora molto da fare in questo campo. In accordo agli obiettivi esposti dall’autore nell’introduzione, possiamo solo sperare che i giovani studiosi possano appassionarsi a questo peculiare aspetto del mondo antico e contribuire, nel loro piccolo, all’avanzamento della ricerca.

Giuseppe Squillace, Gli inganni di Cleopatra. Fonti per lo studio dei profumi antichi
G. Squillace, Gli inganni di Cleopatra. Fonti per lo studio dei profumi antichi. Pubblicato da Olschki, 2022

Ove non indicato diversamente, si ringrazia Olschki per le foto.

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